arte contemporanea

Alla Triennale arrivano gli "eleganti" de Gruyter e Thys

Per la prima volta in Italia con una mostra personale i belgi Jos de Gruyter e Harald Thys. Molto conosciuti nel centro-nord Europa, praticamente sconosciuti da noi. Di difficile lettura, il compito di presentarli alla Triennale di Milano, che è una sorta di tempio delle sperimentazioni.

Poco conosciuti nel nostro paese, anzi quasi sconosciuti, arrivano dal 28 gennaio fino al 19 marzo presso la Triennale di Milano due artisti belgi che stanno mietendo grandi successi in tutta l’Europa del centro-nord. I cinquantenni Jos de Gruyter e Harald Thys lavorano insieme dal 1987, quindi quest’anno festeggiano i 30 anni di collaborazione. La prima mostra italiana si chiama “Elegantia” ed è stata concepita come la costruzione di un ambiente preciso in dialogo rigoroso con le sale del Palazzo dell’Arte, ed è stata immaginata come una messa in scena dell’idea stessa di “mostra”, riflesso mentale e miraggio artificiale di un allestimento. L’approccio appare quindi arduo anche perché i due belgi si cimentano proprio in tutto tanto che la mostra appare come la caricatura di un’architettura, l’immagine di un’esposizione sulle “belle arti”. Una sorta di catalogo delle provocazioni. In trent’anni di lavoro insieme – dal loro primo incontro al Sint Lucas University College of Arts and Design di Bruxelles nel 1987 – Jos de Gruyter & Harald Thys hanno dato forma a un corpus di opere eterogeneo e complesso che muove dalla produzione video per abbracciare poi il disegno e la scultura, l’installazione, il suono e la performance. Gli artisti danno vita a mondi paralleli attraverso la compilazione ossessiva di cataloghi e liste: persone, oggetti, macchine, animali, pezzi di architetture e angoli di città. Figure e personaggi della paura e dell’innocenza, della depravazione e della leggerezza sono presentati sulla scena – afferma la presentazione - senza gerarchia, giudizio morale o interpretazione sociale. Piatti e immobili, bidimensionali e stereotipati, sono abitanti di uno spazio ideale e distopico, testimoni muti e inermi del nostro mondo. Una serie di teste – in gesso e pittura, concepite appositamente per la Triennale di Milano – si allinea lungo le stanze e quinte disegnate: in apparenza teste classiche, in verità quasi campioni microcefali di civiltà indigene con pupille dilatate e attonite di fronte alla realtà. Una mostra che va vista dal vivo per capire esattamente di che cosa stiamo parlando proprio per la varietà della proposta. Una mostra allo stesso tempo molto cruda come è nello stile  europeo non mediterraneo. Comunque tutto proposto con molta eleganza.

 

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Pubblicato il 24/01/2017

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