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"Bochner Boetti Fontana" al Magazzino Italian Art di New York

Quest’autunno, Magazzino Italian Art presenta una nuova mostra, aperta al pubblico dal 2 ottobre 2020 fino all’11 gennaio 2021, che indaga per la prima volta le analogie formali, concettuali e procedurali nelle opere di Mel Bochner, Alighiero Boetti e Lucio Fontana, alla luce dei movimenti artistici che si sono sviluppati parallelamente negli Stati Uniti e in Italia durante gli anni ’60 e ’70.

Cold Spring, New York - 10 settembre 2020

Quest’autunno, Magazzino Italian Art presenta una nuova mostra, aperta al pubblico dal 2 ottobre 2020 fino all’11 gennaio 2021, che indaga per la prima volta le analogie formali, concettuali e procedurali nelle opere di Mel Bochner, Alighiero Boetti e Lucio Fontana, alla luce dei movimenti artistici che si sono sviluppati parallelamente negli Stati Uniti e in Italia durante gli anni ’60 e ’70.

Curata da Mel Bochner in collaborazione con Magazzino Italian Art, l’esposizione comprende dipinti, sculture e istallazioni, tra cui opere provenienti dall’archivio personale di Bochner, e importanti prestiti internazionali. Bochner Boetti Fontana è resa possibile grazie al supporto dell’Archivio Alighiero Boetti e della Fondazione Lucio Fontana. La mostra sarà accompagnata da un catalogo con contributi di Bochner e di Tenley Bick, professore assistente di arte contemporanea presso la Florida State University.

La mostra rappresenta la prima occasione per considerare la vicinanza, tanto significativa quanto ignorata, dell’artista americano - uno degli esponenti di spicco dell’Arte Concettuale - con Fontana e Boetti, nonché con l’arte italiana. Bochner Boetti Fontana proporrà, attraverso la prospettiva dell’artista, una serie di risonanze fra la propria opera e quella degli artisti italiani e italoargentini: un’esplorazione di sistemi, linguaggi, materiali e spesso, un senso dell’ironia e dell’umorismo particolarmente condivisi dall’Arte Povera e dal Concettualismo. La mostra traccia dei parallelismi fra i movimenti artistici che si sono sviluppati su entrambe le sponde dell’Atlantico durante gli anni ’60 e ’70, tra cui lo Spazialismo e l’Arte Povera in Italia, e l’Arte Concettuale e la Process Art negli Stati Uniti.

È un grande onore per noi lavorare con Mel Bochner alla curatela di questa mostra - dichiara Vittorio Calabrese, direttore di Magazzino Italiani Art - che esplora i capisaldi della sua attività, in relazione con quelli di Alighiero Boetti e Lucio Fontana. Si tratta della prima volta che un artista americano è esposto nel nostro Museo; la mostra tratta un tema centrale della stagione 2020 e cioè gli effetti dell’arte italiana contemporanea e del secondo dopoguerra in una prospettiva globale più ampia”.

Bochner Boetti Fontana metterà in risalto i capisaldi dell’operato dei tre artisti, fra cui gli usi simili di sistemi, linguaggio e materiali di Bocher e Boetti, e l’approccio innovativo verso le opere e lo spazio espositivo da parte di tutti e tre.

Tra le opere in mostra:

  • Meditazione sul Teorema di Pitagora di Bochner (1977/1993), è una delle sculture a pavimento della serie Luci di Fontana, realizzate con i frammenti scartati dei vetri di Murano dallo studio di Fontana di Milano;
  • La lingua non è trasparente (Italiano / Inglese) di Bochner (1970/2019), è un’opera a base testuale sviluppata in inglese e in italiano che esprime l’importanza della parola scritta sia per Bochner che per Boetti;
  • Yizkor (Per gli Ebrei di Roma) (1993) sempre di Bochner, è un’opera cupa costituita da una coperta dell’Esercito degli Stati Uniti e da fiammiferi consumati, che richiama l’uso dei materiali “impoveriti” degli esponenti dell’Arte Povera.
  • Ghise (1968), è uno dei primi lavori di Boetti, in cui l’artista rivolge l’attenzione al proprio nome e alla scrittura a mano. Su un pezzo di cartone ondulato, incide la sua firma; dopodiché, ne realizza una riproduzione sia positiva che negativa su delle lastre di ghisa. Quest’opera presenta elementi caratteristici della produzione artistica di Boetti: l’attenzione rivolta ai materiali e alla formazione di idee attorno a una personalità scissa, sdoppiamento e dualità.
  • Alternandosi e dividendosi (1989), 111 x 97 cm, fa parte di Arazzi, la serie di ricami di Boetti. Si tratta di griglie di singole lettere simili a mosaici che si combinano in parole ed espressioni che lo spettatore deve decifrare, frasi rivelatrici che spaziano dalla poesia ai problemi matematici. Qui Boetti dimostra come il linguaggio possa nascondere e al contempo disvelare significato, mettendone in evidenza l’artificio.
  • Dama (1967-68), 54 x 54 x 6 cm, fa parte di un piccolo gruppo di opere in cui Boetti ha racchiuso l’amore per i sistemi all’interno di un gioco di sua invenzione. In 100 pezzi “da gioco” ordinati in una griglia da puzzle, i tasselli nell’opera compongono dei pezzi di domino che s’incastrano in base a una logica interna concepita dall’artista stesso. Le forme semplici sono contraddette dalle regole complesse sottese all’oggetto.
  • Concetto Spaziale, I Quanta di Fontana (1960), accosta e dispone geometricamente nove tele dipinte uniformemente di vernice rossa a base d’acqua, ognuna delle quali tagliata e perforata a modo suo. L’opera “Quanta”, titolo che Fontana prese in prestito dalla fisica quantistica, raggruppa elementi diversi in costellazioni di tele la cui disposizione a Magazzino sarà curata da Bochner.
  • A partire dal 1952-53, Fontana si è cimentato con la serie Pietre, nella quale applicava materiali riflettenti, come frammenti di vetro di Murano, alle superfici dei suoi dipinti perforati. Nel Concetto Spaziale (1956) in mostra, un esemplare molto raro in velluto nero di Pietre, si notano pietre e perforazioni sistematiche apportate alla superficie, che presuppongono una dimensione spaziale con punti di sporgenza contrastanti e zone concave che aprono a concezioni di spazio infinite.
  • L’opera di Fontana su carta fissata su tela, Io sono un santo (1958), dove l’artista dichiara, “Io sono un santo”, scritto in inchiostro blu con un “non” aggiunto a matita e, sul retro, la scritta “Io sono una carogna”. Quest’opera, scelta da Bochner per la presenza in essa del linguaggio, mostra come Fontana mettesse in continua discussione l’infinito, e fa risaltare il suo senso dell’ironia.

Durante la mostra, Mel Bochner a Tenley Bick saranno protagonisti di una conversazione (in data da definire) sulla piattaforma digitale del Museo, Magazzino da Casa, durante la quale si ripercorrerà il lavoro dell’artista dagli anni ’60 ai giorni nostri, con particolare attenzione al suo interesse verso l’arte italiana del secondo dopoguerra, agli echi transatlantici nell’arte degli anni ’60 e l’impatto delle sue esperienze personali in Italia nel corso degli anni.... leggi il resto dell'articolo»

La mostra è visitabile su prenotazione, l’ingresso è gratuito.

Per informazioni e prenotazioni:

www.magazzino.art

Mel Bochner (nato a Pittsburgh, PA, USA, 1940)

Mel Bochner è uno degli esponenti di spicco nello sviluppo dell’arte concettuale a New York negli anni ‘60 e ’70. Comparso sulla scena in un’epoca in cui la pittura era sempre più definita come superata, Bochner entrò a far parte della nuova generazione di artisti fra cui militavano Eva Hesse, Donald Judd e Robert Smithson — artisti che, come lui, cercavano il modo di rompere con l’Espressionismo Astratto e con le modalità compositive tradizionali. Il fatto di aver introdotto per primo l’uso del linguaggio nel visivo, agendo da precursore, portò Benjamin Buchloh, storico d’arte dell’Università di Harvard, a definire i suoi Disegni Preparatori esposti nel 1966, come “probabilmente la prima vera mostra concettuale”.

Bochner si affermò durante la seconda metà degli anni ’60, un momento di trasformazione radicale sia nella società che, in generale, nell’arte. Mentre la pittura andava lentamente perdendo la sua posizione di spicco nell’arte moderna, il linguaggio si spostò, passando dal parlare di arte al diventare parte dell’arte stessa. Bochner ha indagato a fondo le convenzioni di pittura e linguaggio, il modo in cui li costruiamo e comprendiamo, e il modo in cui si rapportano l’una all’altro per renderci più ricettivi rispetto ai codici inespressi che sottendono al nostro coinvolgimento con il mondo.

Bochner ha trascorso buona parte della sua carriera in Italia. Nel 1970 la Galleria di Gian Enzo Sperone a Torino gli dedicò una personale, e fu incluso, sempre quell’anno, in Conceptual Art, Arte Povera, Land Art, la mostra, divenuta storica, di Germano Celant.

L’opera di Bochner è stata oggetto di mostre personali nelle maggiori istituzioni nazionali e internazionali, tra cui, per citarne alcune, Jewish Museum, New York (2014); Haus der Kunst, Monaco (2013); National Gallery of Art, Washington, D.C. (2011); Art Institute of Chicago, Chicago (2006); Musée d’art Moderne et Contemporain, Ginevra (2003); e Yale University Art Gallery, New Haven (1995).

Bochner ha conseguito un Bachelor of Fine Arts ed è stato insignito di un Dottorato ad honorem in Fine Arts dall’Università Carnegie Mellon di Pitttsburgh. Vive e lavora a New York.

Alighiero Boetti (1940, Torino - 1944, Roma)

Figura chiave dell’Arte Povera, Boetti iniziò la sua attività artistica pluridecennale a Torino, nel 1967, con la personale d’esordio presso la Galleria Christian Stein. Alighiero Boetti o Alighiero e Boetti come si firma a partire dal 1971, nella sua opera, ha esplorato doppia autorialità, gameplay, sistemi e linguaggi.

Nel 1972, si trasferisce a Roma dove continuerà a vivere e a lavorare fino alla morte, nel 1994, pur viaggiando spesso. I viaggi influenzeranno molto la sua opera e, negli anni ’70, lo faranno approdare alla serie “Mappa”, e alle collaborazioni pluriennali con donne afgane e pakistane attorno alle sue opere ricamate. Una sinergia che portò alla creazione delle sue serie più famose, alle quali avrebbe lavorato per tutta la vita, come Mappe, Arazzi e Tutto. Queste opere, come altre grandi serie sviluppate negli anni ’70 - per esempio Biro, opere realizzate con le penne a sfera – psi basavano tutte su opposizioni binarie di concetti di ordine e disordine, individuo e società, regole e variazioni, natura e artificio. Game Plan, una grande retrospettiva dedicata al suo lavoro, si tenne tra il 2011 e il 2012 al Museum of Modern Art di New York, alla Tate Modern e al Reina Sofia di Madrid.

Oltre a essere presenti nelle maggiori istituzioni italiane, le sue opere popolano le collezioni delle maggiori istituzioni a livello mondiale, tra cui Whitechapel Gallery, Londra (1999), Museum für Moderne Kunst, Francoforte (1997), Galleria Nazionale d’Art Moderna, Roma (1996), La Biennale di Venezia (1995), Museum of Contemporary Art, Los Angeles (1994), Kunsthalle Basel (1978), Centre d’Art Contemporain, Ginevra (1977), Centre Georges Pompidou, Parigi (1989).

Lucio Fontana (1899, Argentina – 1968, Italia)

Scultore, pittore e teorico, Lucio Fontana è riconosciuto a livello internazionale come uno degli artisti più innovativi del Ventesimo secolo. L’effetto della rottura della superficie del dipinto operata da Fontana ha interessato generazioni e generazioni di artisti nell’esplorazione delle dinamiche di come un dipinto possa inglobare lo spazio e gli elementi fisici e reali della vita.

Nato da famiglia italiana a Rosario, Santa Fe, Argentina, Fontana cominciò la sua carriera artistica come scultore, sperimentando, durante gli anni ’30 del ‘900, le sculture “astratte”, e diventando uno dei protagonisti assoluti dell’avanguardia non-figurativa in Europa, quando iniziò a dividersi fra l’Italia e l’Argentina. Durante gli anni ’40, Fontana fondò l’Academia Altamira in Argentina, che portò, nel 1946, alla genesi del Manifesto Blanco. Nel 1947, dopo la guerra, Fontana si stabilì in Italia, e successivamente diede forma allo Spazialismo, un movimento che si concentra sulle qualità fisiche e spaziali di scultura e pittura, rivolgendo un interesse particolare al modo in cui luce, spazio e movimento possono generare arte. Inoltre, Fontana trafisse la tela con dei buchi, li intitolò Concetti spaziali, e praticò dei tagli nelle sue tele monocrome, che lo portarono alla creazione di Concetti spaziali, Attesa o Attese.

L’opera di Fontana fu riconosciuta alla Biennale di Venezia del 1966, dove vinse il Gran Premio per la pittura. Le sue creazioni sono state esposte in innumerevoli personali di spicco presso sedi quali Walker Art Center, Minneapolis (1966); Stedelijk Museum, Amsterdam (1967); Solomon R. Guggenheim Museum, New York (1977); Centre Georges Pompidou, Parigi (1987); Museum Moderner Kunst Stiftung Ludwig, Vienna (1996-1997); Hayward Gallery, Londra (1999-2000); Peggy Guggenheim Collection, Venezia, e Solomon R. Guggenheim Museum, New York (2006); State Museum, Sanpietroburgo (2006); Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Roma (2008); Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, Parigi (2014); Metropolitan Museum of Art, New York (2019); e Multimedia Art Museum, Mosca (2019-2020).

Magazzino Italian Art

Magazzino Italian Art è un museo con sede a Cold Spring, nello Stato di New York, e che ha come fulcro di interesse la promozione della ricerca e la fruizione pubblica dell’arte italiana contemporanea e del secondo dopoguerra. Il museo no-profit sostiene gli artisti italiani, celebrandone le molteplici attività creative, dall’Arte Povera ai giorni nostri. Attraverso le sue iniziative curatoriali, scientifiche e pubbliche e le sue partnership, Magazzino osserva l’effetto e l’influenza esercitata dall’arte italiana a livello globale.

Co-fondato da Nancy Olnick e Giorgio Spanu, e ospitato in una struttura di circa 2.000 metri quadrati progettata dall’architetto spagnolo Miguel Quismondo, il Museo ha aperto al pubblico nel 2017, imponendosi come nuovo punto di riferimento culturale, nonché risorsa, per la comunità della Hudson Valley e di New York.


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Fonte: Ufficio Stampa Magazzino Italian Art

Pubblicato il 30/09/2020

Itinerarinellarte.it