Arte contemporaneaMostre a Roma
INGRESSO GRATUITO
Apertura: Sabato 25 gennaio dalle 12.00. Performance e dibattito dalle 16.00 in poi
Domenica 26 Gennaio dalle 12.00 alle 20.00
Creation è un laboratorio ed una mostra d'arte contemporanea itinerante che vuole porsi come obiettivo portare l'arte contemporanea nelle cittadine e piccoli centri Italiani.
Attraverso un dialogo aperto su che ruolo abbia l'arte contemporanea al giorno d'oggi si cercherà di orientare verso di essa ogni tipo di pubblico.
La prima tappa della mostra, ospitata a Calcata ha visto grande partecipazione di visitatori. Attraverso i dibattiti con le artiste e con le personalità del luogo è stato possibile esplorare il concetto di visione e percezione dell'opera d'arte all'interno di un contesto più intimo come può essere la realtà di un borgo.
La seconda tappa della mostra visiterà Magliano Romano, non distante dallo studio delle artiste. Si documenteranno delle performance nella Grotta degli Angeli, a pochi passi dal luogo della mostra. Si vuole così portare l'osservatore a conoscere un luogo quasi dimenticato e ricco di storia.
Creation nasce dal desiderio di una collaborazione e condivisione del momento creativo tra due artiste accomunate da un continuo desiderio di ricerca. Marta Pisani e Jessica Pintaldi frequentano insieme il Liceo Artistico Caravillani di Roma nei primi del duemila.
Compagne di banco e di cavalletto trascorrono lunghe giornate studiando la figura umana, la prospettiva, il modellato e le tecniche più tradizionali.
Già da allora Jessica dimostrava uno spiccato interesse per la pittura e per l'arte astratta. Marta invece ha da sempre una passione per il costume e le culture antiche. Le loro strade si separano durante il periodo universitario dove Marta intraprende la strada del Costume e della Moda e Jessica quella della pittura E poi della grafica all' Accademia di belle Arti di Roma.
Nella primavera di quest'anno decidono di condividere lo studio e la sperimentazione creativa in un ambito relativamente nuovo ad entrambe, la terracotta.
Nasce così l'idea di CREATION una mostra di due artiste estremamente diverse ma unite dal medesimo desiderio di scoperta e condivisione del processo creativo.
Jessica Pintaldi da diversi anni percorre una astrazione che tuttavia trova radici nella forma più semplice e profonda del reale.
Astrofisica ed Arte hanno in comune la necessità di investigazione e scoperta. Si pensa che al centro di ogni galassia si trovi un buco nero. Il cerchio, la sfera, la spirale, il movimento centripeto e centrifugo della materia nella creazione della stessa, ruota ed è in esistenza in forme che si ripetono nell'infinitamente grande e nell'infinitamente piccolo.
Da millenni l'uomo cerca risposte in merito all'origine del mondo, dell'universo e delle cose terrestri. L'artista demiurgo trova risposte nel creare forme che poi riconosce sia nella natura inanimata sia negli esseri viventi che lo circondano. Esse svelano la trama e l'ordito della materia.
Marta Pisani esplora il concetto della maschera come strumento rituale ed espressivo di identità. Interessata dal segno ancora parzialmente indecifrato lasciato dalle antiche civiltà falisce muove la sua ricerca ispirandosi al recente ritrovamento di trecento maschere votive in terracotta proprio nella Valle del Treja, a pochi passi dal suo studio. Le maschere hanno tratti altamente distintivi e descrittivi, facendo pensare a rituali del tutto lontani e misteriosi dove forse la creazione ed assunzione di identità conosciute o di nuove identità era necessaria a riportare a nuova vita familiari defunti oppure ad incitare buoni auspici nei viventi.
Lasciando a storici ed archeologi una ricerca più metodica è invece compito dell'artista portare alla luce realtà intermittenti, sviluppando così un bagaglio di forme, segni e percorsi nel tentativo di creare un rituale moderno.
Marta Pisani esplora il concetto della maschera come strumento rituale ed espressivo di identità.
Interessata dal segno ancora parzialmente indecifrato lasciato dalle antiche civiltà falisce muove la sua ricerca ispirandosi al recente ritrovamento di trecento maschere votive in terracotta proprio nella Valle del Treja, a pochi passi dal suo studio.
Le maschere hanno tratti altamente distintivi e descrittivi, facendo pensare a rituali del tutto lontani e misteriosi dove forse la creazione ed assunzione di identità conosciute o di nuove identità era necessaria a riportare a nuova vita familiari defunti oppure ad incitare buoni auspici nei viventi.
Lasciando a storici ed archeologi una ricerca più metodica e' invece compito dell'artista portare alla luce realtà intermittenti, sviluppando così un bagaglio di forme, segni e percorsi nel tentativo di creare un rituale moderno.
Statement
Circa tremila anni fa in quelle che ora sono le forre selvagge della valle del treja viveva una piccola civiltà evoluta, il popolo dei Falisci.
Mercanti artigiani, navigavano il fiume e facevano da tramite tra l'Etruria e l’antica Roma.
Poi la guerra tra gli etruschi e Roma, e questa civiltà unica venne poco alla volta assorbita dal grande impero romano.
Nel 2014 in un luogo poco distante da Calcata, nel territorio di Mazzano, vengono ritrovate trecento maschere votive. Si pensa che i falisci, prima di abbandonare il sito del Santuario del Monte li Santi, le abbiano lasciate appositamente lì, magari durante un rituale avvolto nel mistero.
Nel territorio dell’ Agro falisco, o nel Parco della Valle del Treja è facile affacciarsi da un belvedere e lasciare che il proprio sguardo si perda tra il verde, le rocce rugginose e che poi la mente venga cullata dal leggero rumore del fiume.
In quei momenti mi sono ritrovata a pensare molte volte ai falisci, senza concentrarmi sulle realtà archeologiche, li immaginavo come un delicato popolo tribale, immersi tra piccole foreste. Magari fini artigiani, perfettamente civilizzati per la loro epoca.
Nel mio immaginario appaiono quasi come degli “elfi mediterranei”, mi sembra quasi di vederli, aggirarsi furtivi tra le foglie delle querce.
Perché indossare una maschera? Perchè creare una maschera da indossare. Perchè creare trecento maschere?
"Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti."
Pirandello.
Nel luogo comune, il simbolo della maschera porta alla mente un concetto di falsità, di imbroglio; un modo per nascondere la propria reale identità e mostrare al mondo esterno qualcosa di non veritiero.
Eppure quelle sono le maschere invisibili, quelle che si indossano nella propria mente.
Perchè l’essere umano crea manufatti che simulano il volto umano da indossare sul viso? Ciò avviene dall’alba dei tempi. Per ovviare a che tipo di necessità?
Dalla maschere rituali, mistiche o belliche, passando per il teatro, il carnevale per poi giungere al nostro secolo con i supereroi o addirittura i filtri di instagram.
Cosa si prova ad indossare una maschera?
Inizialmente ho creato delle piccole maschere immaginando una sorta di kit per lo sciamano moderno.
L’ artista come creatore di realtà, vicino al divino nell’atto pratico di portare in esistenza qualcosa che prima non c’era. In un certo senso, un sacerdote laico, ispiratore di interrogativi ed emozioni arcaiche.
In effetti, la mia ricerca parte dalla lontana Siberia. Inizialmente, fui affascinata dai numerosi manufatti che si tramandano da generazioni gli sciamani di questo popolo, “il popolo dei cavalli nel vento”. I loro personaggi e rituali sono esistenti ancora oggi.
Nel tentativo di avvicinarmi al nostro territorio e riconoscere un’estetica analoga, ho poi studiato le maschere della sardegna, i numerosi personaggi che la popolano. La fisionomia tribale delle stesse, anima ed è parte integrante del folklore del carnevale sardo.
Avendo poi ricevuto la notizia del ritrovamento delle trecento maschere falisce, ora conservate nel museo di Mazzano, mi sono sempre più interrogata in merito alla loro funzione rituale.
Infine, l’aspetto concettuale e storico si arresta per dare spazio al rituale moderno. Inizia la creazione delle maschere vere e proprie che plasmate sul mio volto, da esso danno vita a volti nuovi.
Sono io? Sono le mie maschere mentali che prendono forma?
Le indosso e mi fotografo coperta da un telo nero, mi guardo nello specchio e immediatamente questo atto entra nel territorio performativo.
Diventa pressante quindi il bisogno di un’esperienza più vicina a quella ipoteticamente vissuta dall’uomo antico. Il luogo ideale è il bosco, le forre, dove le ombre dei falisci si perdono ormai da tremila anni.
Indossare le diverse maschere, immersa nel verde, respirando la nebbia dell'alba, camminando sull'erba bagnata dalla brina, avvolta nei teli, permette una una trasformazione.
In quel momento non sono più me stessa, la mia identità, l’Io che mostro al mondo scompare, l’essere sociale si scioglie e finalmente posso essere qualcosa di libero. Riesco ad identificarmi nel luogo e tra me e lo spazio
che attraverso non percepisco differenza alcuna.
Siamo un una cosa sola.
In occasione di questa esposizione, sono esposte opere realizzate con differenti media nel tentativo di ripercorrere questo processo di riappropriazione del sé.
Le piccole maschere in argilla refrattaria raku rossa con vetri di murano e gli smalti a secondo fuoco.
Le maschere indossabili create sul volto, in argilla refrattaria raku bianca e nera.
I disegni progettuali descrittivi a china con modelli differenti di maschere, dove si può cogliere dettagli e sintesi della ricerca formale.
Le fotografie della performance. Realizzate da Leonardo Damo, presso il bosco della Banditaccia a Faleria e nel territorio tra Faleria e Civita Castellana.
Jessica Pintaldi da diversi anni percorre una astrazione che tuttavia trova radici nella forma più semplice e profonda del reale.
Astrofisica ed Arte hanno in comune la necessità di investigazione e scoperta. Si pensa che al centro di ogni galassia si trovi un buco nero.
Il cerchio, la sfera, la spirale, il movimento centripeto e centrifugo della materia nella creazione della stessa, ruota ed e' in esistenza in forme che si ripetono nell'infinitamente grande e nell'infinitamente piccolo.
Da millenni l'uomo cerca risposte in merito all'origine del mondo, dell'universo e delle cose terrestri.
L'artista demiurgo trova risposte nel creare forme che poi riconosce sia nella natura inanimata sia negli esseri viventi che lo circondano. Esse svelano la trama e l'ordito della materia.
Statement
Da sempre sono affascinata da ciò che si cela tra le pieghe della materia.
Osservare il mondo con occhi d’artista è un vero privilegio e da artista ho sempre cercato di trasmettere questo approccio a chi mi circonda.
Sono convinta che tutti possano giungere a questo tipo di osservazione se guidati ed ispirati dall’arte.
L’educazione a guardare, quindi, spingere lo sguardo al di là della consuetudine.
Notare i più piccoli dettagli di una superficie, le imperfezioni create dal tempo e dalle intemperie sul muro di un palazzo o sul battente di una porta.
La bellezza e l’armonia sono celate in ogni manifestazione della natura, dall’immobilità perlacea e pura di un cielo invernale al turbine della tempesta in un tornado.
Cosa potrebbe accomunare Turner e Burri? L’aspetto estetico intrinseco nell’agire della materia stessa. La grandezza e la forza della natura.
L’arte astratta ha sempre radici nel reale. Dal mio punto di vista un'opera astratta, per funzionare dal punto di vista compositivo, deve rispettare alcuni canoni di proporzione e bilanciamento che si ritrovano poi, in effetti, proprio nella natura.
Ciò che spesso non si prende in considerazione nell’osservare un opera astratta è la difficoltà di ideazione e realizzazione compositiva della stessa.
Nel corso del mio percorso artistico ho lavorato lungamente alla figurazione ed alla copia dal vero.
Riprodurre ciò che si ha davanti, ha regole ben precise e prestabilite. Si viaggia, diciamo, entro una rotta delineata e sicura. Essenziale alla formazione di ogni artista.
Chi crea astrazione invece, deve tracciare in un certo senso tutta la strada.
Tuttavia, non crea semplicemente dal niente, la natura non lo abbandona mai, Ecco che l’artista astratto ha fatto suo il linguaggio stesso della natura.
Da alcuni anni sono estremamente affascinata dalle recenti scoperte nel campo dell’astrofisica. I buchi neri non sono scoperta recente ma il loro ruolo nel bilanciare la struttura stessa delle galassie e potenzialmente dell’intero universo, si.
Un buco nero è qualcosa di estremamente denso, materico, eppure invisibile. E’ osservabile da ciò che lo circonda, materia che viaggia così veloce da creare effetti di luce incredibilmente suggestivi. Il tempo e la gravità vengono fortemente alterati intorno al “punto di non ritorno” “the event horizon”.
Le vie e le linee di forza di questa materia in movimento, che immagino e modello sulla creta o attraverso il segno del pennello, sono così lontane, eppure così vicine a noi, da lasciare un’impressione decisa nell’opera. Legate, in effetti, da una stessa forza creatrice.
Da artista, ritrovo queste forme nell’occhio di un tornado, nel centro di un vulcano, nelle correnti marine o in un geode ma anche nella struttura stessa delle cellule, fino a giungere all’atomo.
La natura propone questi pattern in infinite forme, dalla sezione aurea alla spirale logaritmica, osservabile ad esempio nella forma delle conchiglie o nel guscio delle chiocciole...
E’ possibile affacciarsi su questo punto di creazione e distruzione, un punto di non ritorno, dove l’artista può attingere alle infinite soluzioni estetiche proprie al segreto della natura?
Titolo: Creation - Seconda Tappa
Apertura: 25/01/2020
Conclusione: 26/01/2020
Organizzazione: Creation
Luogo: Sala consiliare in Municipio - Magliano Romano (RM)
Indirizzo: Piazza Risorgimento, 1 - Magliano Romano (RM)