
Dal 14 al 27 gennaio 2024 l'artista Claudia De Luca torna a Venezia presso artespaziotempo con una nuova mostra dal titolo "La penultima parola" a cura di Lucrezia Caliani.
L'artista, procedendo per sottrazione e secondo un andamento rizomatico, si muove in un sistema "sotterraneo" che offre uno sguardo su una realtà invisibile. Le opere in mostra, circa una ventina, invitano lo spettatore a penetrarvi a fondo, scrutando ciò che si nasconde dietro la prima impressione, per arrivare a quello che non è apparentemente visibile. Quale verità è assoluta? La realtà non è piuttosto un fatto di prospettive? Muovendosi tra queste domande, la mostra personale di Claudia De Luca traccia un percorso che spinge a svelare segni e significati nascosti.
Aprono l'esposizione gli sfondi nero pece della serie Ouverture che, così come nelle opere Costellazione, Carsico e Vortici, abituano l'occhio dell'osservatore all'informe, all'indistinto, alla noia di un'apparente neutralità monocromatica per poi aprirsi d'improvviso a inattesi squarci di colore e lampi di luce. Come fulminee rotture della superficie, queste lacerazioni permettono all'occhio di scendere più in profondità, osservando ciò che fino a quel momento non riusciva a vedere.
La stessa iniziale difficoltà a discernere si ritrova anche nella serie di lavori intitolati Stratificare, in cui i confini della tarlatana dipinta, un tessuto imprescindibile e ricorrente nelle opere di Claudia De Luca che lo utilizza come elemento di cura, svaniscono e si confondono con quelli della parete, sfumando così il limite tra materia e segno pittorico e annullando ogni rimando spaziale e temporale.
Solo scavalcando l'impressione apparente, il visitatore può percepire il confine tra verità e finzione, illusione e reale, sogno e veglia, che domina nelle opere in mostra.... leggi il resto dell'articolo»
Lo stesso limite, instabile e soffuso, che si ritrova in Siparium 1 e Siparium 2 in cui l'atto di discostare la quinta teatrale introduce chi guarda a un mondo altro e lo prepara ad una finzione scenica che forse è più reale della realtà stessa. Come in un teatro onirico, le opere legate al tema del sipario fanno intravedere ciò che è velatamente nascosto, un velo di Maya che si sfila e si decompone evidenziando ciò che resta spesso nascosto e silente. Nel caso delle opere di Claudia De Luca, i sipari si aprono per dar corpo alla vita e osservare, senza paura, l'altra metà dell'incedere umano.
Ciò ci fa comprendere come quello dell'identità, nei suoi canonici attributi di unitarietà e stabilità, sia un concetto meramente illusorio.
"In questa continua traduzione di noi, risulta impossibile aprirsi chiaramente al mondo e farsi trasparenti in modo assoluto – afferma la curatrice della mostra Lucrezia Caliani -. La nostra identità è sfumata, opaca, come quella dei profili femminili delle due Female blues, in cui la mancanza dei tratti identitari è rappresentazione autentica del loro essere in fieri. Questo processo di ricerca e affermazione di sé comporta anche un certo grado di opposizione alle norme sociali e perciò l'illusione di essere enti separati e individualizzati - come Animali notturni - alienati e frammentati".
Il percorso della mostra si conclude con La penultima parola, un'anatomia geografica onirica e visionaria, un mondo non abitabile, senza inizio e senza fine. Qui il visitatore arriva ma da qui subito riparte. È un invito a riconsiderare tutto ciò che diamo per scontato e definitivo. L'artista Claudia De Luca spinge lo spettatore a ripensare le sue ultime parole che, in fondo, sono sempre le penultime.
Claudia De Luca, pescarese di origine, si laurea in Storia Contemporanea presso l'Università di Lettere e Filosofia di Bologna e in Comunicazione e Didattica dell'Arte presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna. Dal 2012 accompagna l'attività dell'insegnamento di filosofia e storia alla pratica artistica esponendo in mostre e collaborando a progetti editoriali di arte e letteratura.
Lucrezia Caliani (Firenze, 1991) dopo la laurea in Storia dell'Arte presso l'Università degli Studi di Firenze con una tesi di Critica d'arte e un corso di perfezionamento post-laurea in Economia e management dei Beni Culturali, svolge un traineeship post laurea presso l'associazione per lo studio e la ricerca sul surrealismo Apres di Parigi e un master in pratiche curatoriali presso Paratissima Torino. Attualmente scrive per la rivista d'arte «Noi Caffè Michelangiolo» e per la sezione di arte contemporanea, mostre e street art della rivista FUL Magazine per cui ha collaborato anche alla pubblicazione di Firenze Street Art, la prima monografia dedicata alla street art fiorentina. Come indipendent curator ha curato la mostra di Mavilla, Il fruscio assordante della vita (Firenze 2019), ha fondato e curato la residenza d'artista SILENTE |SAV e l'omonima mostra (Firenze 2022), la personale di Elisabetta Cameli La nascita di mille inferni (Dozza 2023) e la collettiva Ecdisi. Le infinite mute dell'animo all'interno della sezione N.I.C.E. & FAIR di Paratissima 2023 (Torino 2023).
La penultima parola, testo della curatrice Lucrezia Caliani.
"Non siamo dèi, bensì creature ferite, lenti frantumate, capaci solo di percezioni fratturate. Esseri parziali in tutti i sensi della parola. Il significato è un edificio instabile che costruiamo con frammenti, dogmi, ferite infantili, articoli di giornale, osservazioni casuali, vecchi film, piccole vittorie, gente odiata, gente amata".
S. Rushdie, Patrie immaginarie 1992
Quale verità può nutrire la pretesa di essere assoluta? La realtà non è piuttosto un fatto di prospettive? Muovendosi tra queste domande, la mostra personale di Claudia De Luca dal titolo La penultima parola traccia un percorso che spinge a svelare segni e significati nascosti. Procedendo per sottrazione e secondo un andamento rizomatico, l'artista si muove in un sistema "sotterraneo" che offre uno sguardo su una realtà invisibile. Le opere in mostra, infatti, invitano lo spettatore a penetrarvi a fondo, scrutando ciò che si nasconde dietro la prima impressione, per arrivare a quello che non è apparentemente visibile.
Aprono l'esposizione gli sfondi nero pece della serie Ouverture che, così come nelle opere Costellazione, Carsico e Vortici, abituano l'occhio dell'osservatore all'informe, all'indistinto, alla noia di un'apparente neutralità monocromatica per poi aprirsi d'improvviso a inattesi squarci di colore, lampi di luce estemporanei. Come fulminee rotture della superficie, queste lacerazioni permettono all'occhio di scendere più in profondità, osservando ciò che fino a quel momento non riusciva a vedere e così accede al presente, ibrido e proteiforme.
La stessa iniziale difficoltà a discernere si ritrova anche alla serie di lavori intitolati Stratificare, in cui i confini della tarlatana dipinta svaniscono e si confondono con quelli della parete, sfumando così il limite tra materia e segno pittorico e annullando ogni differimento spaziale e temporale. Solo scavalcando l'impressione apparente si può riuscire a percepire il confine tra verità e finzione, illusione e reale, sogno e veglia, che domina in queste opere.
Lo stesso limite, instabile e soffuso, che si ritrova in Siparium 1 e Siparium 2 in cui l'atto di discostare la quinta teatrale introduce chi guarda a un mondo altro e lo prepara ad una finzione scenica che forse è più reale della realtà stessa. Spostando quel velo infatti, si accede ad una soglia che ci permette di percepire l'esistenza dell'apparenza e a riflettere sull'opinabilità di ciò che vediamo in relazione alla sua vera identità. Non a caso la parola "persona", simbolo per eccellenza dell'identità, proviene dal termine etrusco "phersu" ovvero "maschera", quintessenza dell'ironia e dissimulazione della scena teatrale rappresentata in queste opere.
Ciò ci fa comprendere come quello dell'identità, nei suoi canonici attributi di unitarietà e stabilità, sia un concetto meramente illusorio, una vera e propria eterotopia, non-luogo di sé tra i non-luoghi della nostra contemporaneità. Il nostro concetto di identità infatti si forma nello "stade du mirorir", quando guardandoci per la prima volta riflessi nello specchio, identifichiamo l'immagine fittizia che vediamo di fronte e la si assume su di noi come immutabile e omogenea. L'essenza più vera dell'identità è invece quella di processo sempre in atto, mai esauribile, in cui si cambia forma e ci si rimodella uroboricamente.
In questa continua traduzione di noi, risulta impossibile aprirsi chiaramente al mondo e farsi trasparenti in modo assoluto. La nostra identità è sfumata, opaca, come quella dei profili femminili delle due Female blues, in cui la mancanza dei tratti identitari è rappresentazione autentica del loro essere in fieri. Questo processo di ricerca e affermazione di sé comporta anche un certo grado di opposizione alle norme sociali e perciò l'illusione di essere enti separati e individualizzati -come Animali notturni- alienati e frammentati e perciò costantemente mossi del bisogno di ricomporsi per necessità sociale e civile.
Andando verso la fine si giunge a La penultima parola, un'anatomia geografica onirica e visionaria, un mondo non abitabile, senza inizio e senza fine. Per cui qui si arriva ma da qui subito si riparte, come un invito a riconsiderare tutto ciò che diamo per sicuro e consideriamo definito, determinato; uno stimolo a ripensare le nostre ultime parole che, infondo, sono sempre le penultime.
Mostra: Claudia De Luca. La penultima parola
Venezia - artespaziotempo
Apertura: 14/01/2024
Conclusione: 27/01/2024
Organizzazione: artespaziotempo
Curatore: Lucrezia Caliani
Indirizzo: Campo del Ghetto Nuovo Cannaregio 2877 - 30121 Venezia
Opening: sabato 13 gennaio dalle ore 18.00
Orari: martedì-sabato 10.00-13.00 e 14.00-18.00
Per info: servizi@artespaziotempo.it | +39 348 9009273
Sito web per approfondire: https://artespaziotempo.it/
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