
Apre al pubblico sabato 1° febbraio la mostra "Il grande parlamento degli istinti", curata da Moe Yoshida e Iside Calcagnile. La collettiva si inserisce nel programma di ART CITY Bologna 2025 nell'ambito di Artefiera e sarà aperta fino all'8 marzo, trasformando gli ambienti della seicentesca Villa Davia, dell'oratorio di Sant'Antonio da Padova e del Salone delle Decorazioni in un palcoscenico di riflessione sul rapporto tra ritualità, istinto e rappresentazione artistica.
Radicandosi nelle teorie dell'etologo Konrad Lorenz, che studiò le dinamiche dell'aggressività e le ritualizzazioni come meccanismi di regolazione sociale nelle specie animali, la mostra interroga la necessità umana di costruire gesti codificati e simbolici, in grado di equilibrare pulsioni profonde e contraddittorie. Che cos'è l'aggressività – si interroga Lorenz nel suo celebre saggio omonimo del 1962 – un istinto o un comportamento appreso? C'è una differenza tra l'aggressività nell'uomo e negli altri animali? Il grande parlamento degli istinti si configura così come un esperimento transdisciplinare, un osservatorio che riflette sulla capacità dell'arte contemporanea di porsi come dispositivo rituale, come spazio liminale in cui i linguaggi plastici, performativi e sonori si stratificano e si intersecano.
Gli artisti e le opere: una cartografia del rituale
La mostra Il grande parlamento degli istinti mappa una nuova cartografia della ritualità, articolata attraverso le opere di un gruppo eterogeneo di artisti che, con diversi mezzi espressivi, esplorano il bisogno ancestrale di strutturare il gesto, il segno, la forma e il suono come strumenti di elaborazione collettiva. Il percorso espositivo si sviluppa tra installazioni ambientali, sculture, pittura e pratiche performative, rivelando una ricerca comune che interroga la ritualità come dispositivo di regolazione sociale e come necessità intrinseca alla condizione umana.
Fabio De Meo, con Formiche, realizza una tela monumentale di 48 metri quadrati che traduce in pittura l'organizzazione delle formiche, evidenziandone le strategie sociali e militari come metafora perturbante delle dinamiche umane di dominio e sopravvivenza. La tensione tra costruzione e dissoluzione emerge con forza nelle opere di Cristiano Zanini, che modella la cartapesta in forme evocative di strumenti arcaici, tra armi e utensili rituali, suggerendo un dialogo ancestrale tra il corpo e l'oggetto.... leggi il resto dell'articolo»
L'indagine sulla memoria sonora e sulla voce come elemento rituale trova una delle sue espressioni più suggestive in Rappresentazione di Luca Veggetti e Paolo Aralla, un'opera che utilizza le registrazioni sonore di Francesco Leonetti, storico collaboratore di Pasolini, restituendo un monologo carico di stratificazioni semantiche ed emotive, mentre Nicola Di Croce e Marta Magini, con Richiamo (se fosse nel silenzio che i merli si parlano), destrutturano la relazione tra umano e animale, esplorando il canto degli uccelli come una possibile lingua alternativa al linguaggio umano.
La dimensione biologica e alchemica del rituale emerge con particolare intensità nel lavoro di Miriam Del Seppia, Processes of Unstable Chemistry, dove il tempo e la trasformazione vengono investigati attraverso tinture naturali e processi chimici instabili, restituendo una dimensione di mutazione continua della materia. Sebastiano Pallavisini, con Gulasch, fonde in un'unica immagine ibrida diverse specie animali, suggerendo il caos biologico e la violenza dell'istinto primordiale, mentre Mattia Pajè, con Mutual Understanding, incide su lastre di ottone dorato simboli e codici ispirati al Golden Record della NASA, ponendo interrogativi sulla possibilità di un linguaggio universale, capace di trascendere la dimensione umana e di comunicare oltre i confini della conoscenza terrestre.
La riflessione sul valore comunitario della narrazione si manifesta nelle tele della serie L'anonimo lunario cantato di Simone Carraro, che recupera la figura del cantastorie, indagando il ruolo aggregante della parola orale. Federico Marinelli - infine - indaga sul rapporto tra ricordo e verità attraverso una pittura che fa della ritualità pittorica una chiave per l'apertura di una dimensione dell'immaginario, a completamento di una stratificata indagine sulla ritualità, componendo un corpus di opere che non si limita a illustrare il tema, ma lo attualizza, trasformando lo spazio della mostra in un territorio di attraversamento, confronto e riattivazione sensoriale.
Performance site-specific e ricerca sul rituale: il corpo, la voce, lo spazio come soglie del sacro
Elemento cardine della mostra è la dimensione performativa, che trasforma villa Davia e gli spazi limitrofi in un teatro espanso dell'azione rituale. Durante il vernissage, il pubblico sarà coinvolto in una serie di attivazioni che riflettono sulla corporeità e sulla memoria sonora del rito.
Tra queste, Rappresentazione di Luca Veggetti e Paolo Aralla darà vita a una drammaturgia sonora tra parole e musica, mentre Richiamo (se fosse nel silenzio che i merli si parlano) di Nicola Di Croce e Marta Magini esplorerà il linguaggio prelinguistico degli uccelli, creando un ambiente sonoro immersivo in cui la distinzione tra natura e cultura si dissolve.
La programmazione prevede inoltre incontri di approfondimento e laboratori: la conferenza il rituale nell'opera di Pier Paolo Pasolini, con Roberto Chiesi e Stefano Casi, offrirà una riflessione sulla ritualità nel linguaggio cinematografico e teatrale; la visita interattiva esplorazioni, sensi e voci nel grande parlamento degli istinti, guidata dal filosofo Gianmaria Beccari, sperimenterà un attraversamento della mostra attivando il corpo come strumento di percezione amplificata.
Due laboratori esperienziali condotti da Moe Yoshida e Iside Calcagnile indagheranno la relazione tra segno, gesto e voce: disegnare voci animali esplorerà la scrittura come traccia dell'oralità e della corporeità, mentre diBoccainBocca, workshop a cura di Nina Baietta, stimolerà pratiche di improvvisazione e modulazione sonora che mettono in discussione i confini tra linguaggio, suono e respiro.
Attraverso questo articolato dispositivo di attivazione performativa e sonora, Il grande parlamento degli istinti non si limita a esplorare la ritualità come tema, ma la mette in atto, trasformando la mostra in un organismo vivo, in cui il confine tra opera e spettatore diventa poroso, permeabile, attraversabile. Un'esperienza che non si esaurisce nell'atto espositivo, ma che ambisce a lasciare un segno, un'eco, un richiamo destinato a riverberare oltre i limiti dello spazio e del tempo dell'evento
La mostra si distingue per la capacità di restituire alla pratica artistica una dimensione esperienziale e immersiva, invitando lo spettatore non solo a osservare, ma a partecipare attivamente a un processo di trasformazione percettiva. Attraverso la pluralità di media e la tensione tra memoria, istinto e linguaggio, il progetto curato da Moe Yoshida e Iside Calcagnile offre una riflessione sulla ritualità che non è nostalgia di un passato arcaico, ma un tentativo di riattivare, nel presente, un bisogno profondamente umano: quello di condividere segni, gesti e narrazioni che trascendano il quotidiano per aprire spazi di esperienza collettiva. Un parlamento degli istinti, dunque, in cui l'arte diventa strumento di negoziazione, conflitto e dialogo tra ordine e caos, tra struttura e pulsione, tra forma e divenire.
L'apparato curatoriale: dialogo tra pratiche artistiche e ricerca
L'esposizione è frutto della regia curatoriale di Moe Yoshida e Iside Calcagnile, due artiste che incarnano percorsi di ricerca complementari, entrambi volti alla sperimentazione e alla riflessione epistemologica sul linguaggio artistico.
Moe Yoshida, artista e fondatrice di Studio Yoshida, ha sviluppato una pratica scultorea e performativa che l'ha portata a collaborare con produzioni di danza, teatro di figura e opera contemporanea. Il suo lavoro si distingue per la tensione tra dimensione materica e creazione scenica, tra oggetto e azione, tra corporeità e astrazione. Nel 2022 ha ricevuto un importante riconoscimento dal comune di Sasso Marconi per un progetto di rigenerazione urbana nel borgo di Colle Ameno, consolidando il proprio ruolo nella tessitura di un dialogo tra arti visive, spazio pubblico e comunità.
Parallelamente, Iside Calcagnile, fondatrice di Spazio Relativo, esplora la pittura e l'installazione attraverso un approccio che sfida il dualismo uomo-natura. La sua ricerca si articola lungo due direttrici principali: una dimensione epistemologica, che problematizza le modalità di costruzione della conoscenza artistica, e una prospettiva ecologica, che interroga le interconnessioni tra processi biologici, materiali e sociali. L'obiettivo di Spazio Relativo è trasformare la pratica artistica in un dispositivo aperto alla contaminazione tra saperi, oltrepassando le rigide compartimentazioni disciplinari.
Mostra: Il grande parlamento degli istinti
Colle Ameno
Apertura: 01/02/2025
Conclusione: 08/03/2025
Curatore: Moe Yoshida e Iside Calcagnile
Indirizzo: Via Borgo di Colle Ameno - 40037 Sasso Marconi (BO)
SABATO 1 FEBBRAIO - programma opening
ore 16.30 Saluti istituzionali - Villa Davia
ore 16.45 Rappresentazione di Luca Veggetti, Paolo Aralla e Alice Raffaelli (Prima Assoluta) - Villa Davia
ore 17.30 Glare di Jacopo Cenni - presso Salone delle Decorazioni
ore 18.15 Richiamo (se fosse nel silenzio che i merli si parlano) di Nicola Di Croce e Marta Magini - Oratorio di Sant'Antonio da Padova
ore 19.00 Inaugurazione mostra con brindisi e saluti istituzionali - Villa Davia
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