Il sasso nello stagno

  • Quando:   03/11/2024 - 13/11/2024
  • evento concluso

Arte contemporaneaMostre a RomaRoma


Il sasso nello stagno

Associazione Frammenti D'arte presenta "Il sasso nello stagno" con opere di Empedocle Amato, Massimo Antonello Géleng, Nino Giammarco, Roberto Federici 'Diavolo', su idea di Patrizio Baracaia a cura di Eclario Barone con la collaborazione di Marco Ancora.

Il titolo "Il sasso nello stagno" evoca innanzi tutto il gesto, ossia il lancio del sasso che sfiorando la superficie dell'acqua traccia un percorso tra linee e onde concentriche che si diffondono e ingrandiscono nello spazio, e allo stesso modo induce una rottura nell'equilibrio statico dell'acqua immutabile metafora dell'esistenza umana. Altrettanto il fruire di un'opera d'arte suscita, in chi la osserva, una miriade di emozioni e sensazioni che lasciano la loro traccia e il riverbero nel tempo.

Patrizio Baracaia

La storia ufficiale dell'Arte, quella scritta nei manuali e allestita nei musei, spesso si propone come l'unica narrazione possibile.... leggi il resto dell'articolo»

E' tutto ben organizzato: una corrente artistica si succede ad una precedente che spesso è il suo opposto. Un artista apprezzato genera degli emuli, un critico 'militante' individua o crea un filone di pensiero e schiera la sua squadra. La grancassa della comunicazione, poi, riempie gli spazi che il mercato dell'arte gestisce - con parsimonia - per creare valore. In epoche passate 'la storia scritta dai vincitori' era un assunto proverbiale e potenti istituzioni accademiche statali e lobby private hanno in vario modo agevolato o bloccato interessanti percorsi artistici individuali e collettivi. Si pensi alla Francia di fine Ottocento quando il giovane gruppo degli Impressionisti fu estromesso dai Salòn ufficiali o alle tristi esperienze di Van Gogh e di Modigliani e, ancora più indietro nel tempo, al pregiudizio sociale che ha tarpato le ali di tante donne promettenti artiste di cui pochissime hanno ricevuto il giusto riconoscimento in vita e semmai la fama solo molti anni dopo.

Ma proviamo ad immaginare il grande corpo dell'Arte come solcato da vene e forme superficiali e contemporaneamente da arterie profonde ed organi silenti ma fondamentali alla vita del corpo stesso. Così grandi artisti, che per sorte o per carattere o per deliberata azione (o disattenzione) di qualcuno, sono rimasti poco conosciuti o nascosti ai più, hanno continuato senza sosta a lavorare nei loro studi, nelle officine e negli atelier e adesso ri-escono alla luce. Quattro artisti, quattro amici: Empedocle Amato, Massimo Antonello Géleng, Nino Giammarco e Roberto Maria Federici, con la collaborazione dell'Associazione "Frammenti d'Arte" di Roma, hanno deciso di gettare il 'sasso' della loro qualità, sensibilità e perseveranza, nel gran lago dell'arte romana, presentando insieme i loro percorsi artistici in uno spazio molto particolare nel quartiere di S. Lorenzo e gli effetti saranno importanti e senz'altro molto particolari. Inevitabilmente le loro opere porteranno a galla pezzi della nostra storia recente e contemporanea rielaborati in modo originale e senza filtri particolarmente ideologici, se non quelli dell'impegno sociale, del disincanto - per la perdita di valori etici e culturali - con la convinzione profonda che l'Arte può essere ancora sia il linguaggio degli sciamani e degli alchimisti che l'urlo anarchico che distrugge e ricostruisce la "pelle del mondo".

Empedocle Amato, pittore, scultore, mosaicista, cammina idealmente in un eterno 'giorno dopo' tra le vie di una Roma surriscaldata e attonita alla ricerca, come Diogene, dell'Uomo, che però è sparito e di lui restano solo oggetti 'vissuti' e bloccati che ne rivelano le tracce e ne raccontano le storie. Storie 'leggere' di percorsi sempre uguali di pendolari e passanti che hanno preso il tram o parcheggiato l'auto dentro le strisce bianche o che hanno sostato un tempo imprecisato al semaforo, e storie 'pesanti' come quella del ritrovamento del corpo di Aldo Moro nella Renault 4 rossa in via delle Botteghe Oscure. Lo sguardo dell'artista è sia ampio che minuzioso, la città è indagata con attenzione scientifica e meraviglia poetica. Gli oggetti diventano messaggi in bottiglia, capsule temporali: bisogna solo aguzzare gli occhi, educare lo sguardo, per scoprire la vita segreta che si nasconde nei 'luoghi comuni', un nuovo linguaggio che può raccontare storie vere ben diverso da quello dei tour organizzati (e dei regimi totalitari) che spacciano con enfasi la Grande Storia della Città Eterna.

Massimo Antonello Géleng ha la pratica artistica ben radicata nel suo DNA e come succede ai figli di padri ingombranti - Rinaldo Géleng - (e nel suo caso anche il nonno Otto e il fratello Giuliano), l'artista ha scelto di percorrere vie traverse e parallele all'arte familiare (la professione di scenografo e costumista per il cinema e la televisione) anche raggiungendo risultati eccellenti ma, come per Edipo, il destino batte alla porta e la Pittura, quella con la P maiuscola, lo ha accompagnato per tutta la vita ed ora s'impone prepotentemente, surriscalda il buio delle sue 'nature morte' e straborda incendiando le grandi tele senza più ritegno. Le composizioni classiche ed accademiche cedono il posto ad esplosioni cosmiche che indagano i temi eterni della vita e della morte, la Cosmica Vagina, che meravigliava gli artisti delle caverne, si ripropone incandescente e maestosa in uno spazio interiore conquistato con coraggio in una lotta ingaggiata con il Cervello che vuole ancora dettare le sue leggi. Il percorso 'dantesco' di discesa e di risalita è testimoniato dalla serie degli 'autoritratti' che da una partenza 'rinascimentale' arrivano a cogliere un nuovo livello di meditazione spirituale.

Nino Giammarco è pittore, mosaicista e scultore di lunga esperienza, ancor più sostanziata da un'intensa attività espositiva e didattica. Le sue opere sono attraversate da un furore profetico che i colori cangianti non attenuano, ma anzi rafforzano in atmosfere di tregenda. Anche per lui il tema della città è stato un importante campo di sperimentazione - anche per la lunga permanenza negli Stati Uniti - e la sua visione è decisamente indirizzata verso una deformazione verticale e notturna, quasi un vulcano che va accumulando energia che poi libera nelle esplosioni cosmiche di una moderna Apocalisse. Un'umanità disorientata e smarrita viene azzerata nella sua dimensione di corpi esposti ad imponenti forze dai cromatismi accesi in una nemesi senza appello. Come sulle pareti delle chiese medievali l'arte di Giammarco visualizza le conseguenze dell'agire umano che attraverso secoli di guerre, stermini, prevaricazioni, devastazioni di popoli e territori è giunto alla resa finale dei conti. Nell'epoca della superficialità della comunicazione globale la pittura si ripropone come 'biblia pauperum' che usa le immagini, dai forti connotati simbolici, per tentare una inversione di tendenza sull'orlo del baratro.

Roberto Maria Federici dei quattro artisti è il più inafferrabile, il più insofferente alle definizioni stilistiche. Come Cosimo, calviniano 'barone rampante', salta d'un balzo gli steccati critici delle 'scuderie' artistiche e si lancia in progetti diversi ed interdisciplinari seguendo una personale visione culturale ed estetica che affonda le sue radici nelle giovanili frequentazioni dello studio di Carlo Levi e nelle irridenti denunce degli 'Uccelli' di sessantottina memoria. Pittore, scultore, architetto, serigrafo, intelligente rielaboratore di materiali e di forme, spazia dall'istallazione all'oggetto di arredamento, dal quadro di cavalletto al monumento civico (come quello per i caduti di Nassiria), sempre seguendo il filo rosso dell'utopia della creazione di una società più giusta e consapevole, la cui realizzazione è sempre procrastinata in un futuro prossimo venturo in perenne movimento. Ecco allora che la sua produzione alterna opere 'ottimistiche' di recupero critico di forme controverse come l'obelisco di bottiglie riciclate al terminal Ostiense a Roma o quello 'orizzontale' per il castello di Giulio II ad Ostia o il 'treno imbalsamato' -'Belsem'- nella galleria ex Montale della Repubblica di S. Marino , o di luoghi 'feriti' (la Torre di Babele per Gibellina) ad opere più disincantate ed auto- ironiche riscattate, però, da un ricercato riferimento mitico. L'artista per 'Diavolo' è un 'Prometeo incatenato', artigiano meraviglioso sempre in bilico tra i doni da dispensare all'umanità e il rischio di venire fulminato da Zeus.

di Eclario Barone

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Mostra: Il sasso nello stagno

Roma - Ex Cartiera Latina

Apertura: 03/11/2024

Conclusione: 13/11/2024

Organizzazione: Associazione Frammenti D'arte

Curatore: Eclario Barone

Indirizzo: Via Appia Antica, 42 - 00179 Roma

Orari: lun. ven. 10.30/13.00 sabato e domenica 14.00/16.30

Sito web per approfondire: https://www.associazioneframmentidarte.it/



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