Retroscena
Storie di resistenza e dissidenza nella Collezione Della Ragione

  • Quando:   28/09/2024 - 02/04/2025

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Retroscena | Storie di resistenza e dissidenza nella Collezione Della Ragione

Da sabato 28 settembre 2024 fino a mercoledì 2 aprile 2025 il Museo Novecento è lieto di presentare la mostra Retroscena - Storie di resistenza e dissidenza nella Collezione Della Ragione, a cura di Sergio Risaliti, Eva Francioli e Chiara Toti.
Le sale al primo piano del Museo Novecento ospiteranno un focus tematico, dedicato alle opere di alcuni maestri del Novecento che hanno vissuto, subito o contrastato le politiche del regime negli anni Trenta e Quaranta.

Fulcro dell'esposizione saranno i dipinti di Scipione, Mario Mafai, Antonietta Raphaël, Renato Guttuso, Renato Birolli e Emilio Vedova, artisti amati e protetti da Alberto Della Ragione, che ne ha sostenuto la ricerca, attraverso un'intensa attività di collezionista e mecenate, in una delle stagioni più buie della storia del Novecento italiano.

FINE

Da sabato 28 settembre si potranno ammirare le opere di un nucleo di artisti legati a Alberto Della Ragione, il collezionista che ha donato alla città di Firenze tantissime opere parte oggi della collezione esposta al secondo piano dell'Ex-Leopoldine. La mostra Retroscena ha un carattere decisamente politico, assieme a quello storico e artistico. Si concentra su una serie di opere che  esprimono in modo diretto la posizione morale assunta dall'artista nei confronti della dittatura Fascista. Altre lo fanno pronunciandosi dietro le quinte  i traumi e le angosce generate in quegli anni oscuri e violenti, dominati da un regime disumano, leggi razziali, deportazioni, distruzioni e infine la guerra civile di liberazione.

A circa ottanta anni di distanza dalla lotta di liberazione del nostro Paese dal nazifascismo, il Museo Novecento si interroga sulla presenza, nella Collezione Alberto Della Ragione, di testimonianze riguardanti il rapporto tra gli artisti e le vicende storiche a cui parteciparono tra gli anni venti e quaranta del novecento. Fulcro dell'esposizione sono le opere di maestri che hanno vissuto, subito o contrastato le politiche del fascismo, attraversando i giorni oscuri e terribili della guerra e delle leggi razziali, quelle della persecuzione culturale, infine della guerra civile.  Artisti che sono stati amati da Della Ragione, sensibile collezionista di un'arte compromessa con le avventure dell'esistenza, con il dolore e il male di vivere, trascinata nei moti di resistenza e ribellione al più oscuro destino dell'uomo e delle società. Alcuni di loro, Mario Mafai, Antonietta Raphaël, Renato Guttuso, furono perfino ospitati nella villa dell'ingegnere nei pressi di Genova per fuggire dalle persecuzioni del regime. Le opere selezionate consentono non solo di indagare le scelte compiute dall'ingegnere navale, che con molti degli artisti qui esposti ha instaurato intense relazioni umane oltre che professionali, ma anche di interrogarsi sul lavoro di questi protagonisti dell'arte italiana in una delle stagioni più buie della nostra storia recente.... leggi il resto dell'articolo»

Ad emergere, in alcuni casi, è l'impegno civile e politico, quella presa di posizione che fu soprattutto di sostanza morale e che maturò nell'arte italiana una divaricazione linguistica e di stile tra chi viveva e operava in una visione distaccata della vita e della storia, in una bolla idealistica e di 'rozzo storicismo', e chi diversamente entrò in un contatto bruciante, tormentato e disperato, di affondo oracolare o di allungo eversivo con la realtà di allora. Ora a trasparire è un silenzioso travaglio etico ed esistenziale, talvolta ammantato di una funzione profetica. È questo il caso, ad esempio, di Scipione, artista che non farà in tempo a vivere l'intera parabola del regime, ma le cui creazioni si caratterizzano per una forte carica visionaria e una personale riflessione sul senso della vita e della morte, come in Apocalisse. Di diverso impegno, sono le opere "parlanti" di Renato Guttuso, come Massacro, quasi un manifesto engagé, una pagina di cronaca e di denuncia, suggestionata da Guernica di Picasso. E pure Fantasia di Mario Mafai, che in modo quasi allegorico trae dalle vicende orribili di quei giorni una scena tanto tragica quanto grottesca del calvario umano, dove tetre sagome di carnefici abbrutiti e immiseriti dall'odio e dal sadismo fanno a pezzi 'poveri cristi', innalzando cupi vessilli fuori dalle mura di una città fantasma. Un olio su tavola di piccole dimensioni che pare aver ispirato anni dopo Pier Paolo Pasolini in Salò o le centoventi giornate di Sodoma.
Leggendo tra le righe, la mostra si propone pertanto di scandagliare anche temi e soggetti legati alla tradizione e apparentemente innocui, come la natura morta e il paesaggio, per far emergere i retroscena, i luoghi in cui si celano le emozioni e i turbamenti degli artisti. Si rende così manifesto il sorgere di una resistenza - civile e morale, intima e soggettiva, ma non per questo meno impegnata a contrastare violenza, orrore, tirannia - che si svela solamente guardando oltre ciò che è immediatamente visibile.

Mediazione - ogni sabato e domenica

In occasione della mostra "Retroscena. Storie di resistenza e dissidenza nella Collezione Della Ragione", dal 28 settembre al 2 aprile sono in programma le attività di mediazione a cura di Muse.

Ogni sabato alle ore 15.00 è in programma la visita guidata alla mostra, alla scoperta di un'accurata selezione di opere di grandi artisti che hanno vissuto durante il Ventennio, tra questi si annoverano Giorgio Morandi, Renato Guttuso e Mario Mafai. Ognuno di loro, che ha avuto un particolare legame con il mecenate Alberto Della Ragione, ha vissuto durante gli anni Trenta e Quaranta una differente esperienza col Regime.

Alle ore 16.30 invece è attiva la visita per famiglie "Una Fiaba ad arte", dedicata alla figura di Alberto Della Ragione e alla sua straordinaria collezione di opere d'arte. Attraverso una narrazione fantastica, una fiaba sul collezionista e su alcuni "personaggi" che popolano le opere del Museo, i bambini verranno coinvolti in una visita animata nel museo alla ricerca degli elementi della storia, accompagnati da stimoli sonori, tattili e olfattivi.
Continuano invece ogni domenica alle ore 15.00 le visite alla mostra di Louise Bourgeois; a seguire alle ore 16.30 l'attività per famiglie "Trame di sogni", dedicata alla vita e all'opera dell'artista francese.

Gli artisti in mostra

Mirko Basaldella
Cresciuto all'ombra di Arturo Martini, giunge a Roma nel 1934 insieme ai fratelli Afro (pittore) e Dino (scultore come lui). Qui Corrado Cagli e la teoria del 'primordio' diventano il suo orizzonte di riferimento proiettandolo all'origine del mito, in un mondo contraddistinto dallo stupore di una creatività sorgiva. Dotato di un'innata confidenza con la materia - legno, bronzo, creta che sia – Mirko rielabora, trascendendoli, i modelli del passato dal bronzetto etrusco alla statuaria quattrocentesca. Come nel caso dei suoi David, il primo dei quali appare nel 1938 in una mostra collettiva presso la succursale newyorkese della Galleria La Cometa nello stesso anno del suo matrimonio con Serena Cagli e della proclamazione delle leggi razziali. Un soggetto questo che, nel suo frequente reiterarsi anche nei disegni e dipinti di Afro e di Cagli (costretto nel frattempo a lasciare l'Italia), si riattiva come eterno simbolo del desiderio di riscatto contro l'oppressione, riportando l'uomo al centro di una storia che esce dalla Bibbia e incarna il dramma in atto, accentuato anche dal particolare della spada levata. Nel corso della Resistenza Mirko sarà attivo al fianco di Renato Guttuso, Mario Mafai e Renato Mazzacurati insieme ai quali partecipa nel 1944 alla fondamentale mostra Arte contro la barbarie. Artisti romani contro l'oppressione nazifascista. Sua sarà anche la realizzazione nell'immediato dopoguerra della cancellata del Mausoleo delle Fosse Ardeatine e successivamente del monumento ai caduti italiani nel lager di Mauthausen.

Renato Birolli
Memore della lezione di Van Gogh e Cézanne, Renato Birolli affida a un delicato la propria investigazione sulla forma. Le sue opere degli anni Trenta e dei primi anni Quaranta sono piccole grandi esplosioni di colore, dove il sacro e il profano dialogano sullo sfondo di una quotidianità in cui nulla è come appare.
Ne sono testimonianza le tele dedicate ai Saltimbanchi, dove si incrociano ebbrezza e tristezza, bassezza e purezza, artificio e naturalezza, ingenuità e scaltrezza. Queste opere sembrano rivolgersi a noi come un monito, rivelando come potrebbero capitarci ancora incontri del genere, con figure che sembravano relegate in un passato mitico, fatto di compagnie miserrime di domatori e acrobati, di clown e giocolieri.
Le pennellate vibranti e la sgarbata veemenza del gesto lasciano intravedere i segni di un cambiamento nello stile dell'artista, che nel 1936 aveva avuto modo di confrontarsi direttamente con le opere dei grandi maestri dell'arte francese coeva, grazie a un soggiorno a Parigi. Emblematica di questo di tipo di ricerca è l'intensità de La falce sui campi, in cui campeggia in primo piano il simbolo delle lotte proletarie.

Felice Casorati
Felice Casorati è stato protagonista della vita culturale torinese insieme all'imprenditore e mecenate antifascista Riccardo Gualino e al critico Lionello Venturi, uno dei dodici docenti universitari che nel 1931 rifiutarono di giurare fedeltà al Fascismo. La sua pittura, che si trasformò ampiamente nel corso degli anni, è un invito non solo a riconoscere cose, figure e spazi, ma anche a contemplare e speculare, a cogliere quanto di filosofico e non detto esista sottotraccia.
Nascono così dipinto come Rape e uova nel cestino, in cui la purezza formale ispirata alle geometrie rinascimentali evoca la frugalità di un pasto povero, in anni segnati dalle rinunce e dalla fame. Anche in Nudo giallo la modella in primo piano, seduta su un povero e fragile sgabello, sembra patire freddo e provare disagio.
La sua magrezza è indice di una sofferenza patita a lungo negli anni della guerra. I colori accesi toccano i nervi.
Sul fondo si innalza una parete di un colore rosso sangue. Mentre nelle strade infiamma la lotta di Liberazione, da questo studio si leva, malinconica, una silenziosa meditazione sulla vita fatta a pezzi e il desiderio raggelato.

Bruno Cassinari
Nell'Italia degli anni Trenta, segnata dall'avanzare del razionalismo classicista e dalla ricerca di una misura che conferisse ordine alle composizioni pittoriche e scultoree dopo la deflagrazione delle certezze e dei canoni operata dalle avanguardie storiche, alcuni giovani artisti decisero di percorrere una strada diversa,
conducendo in autonomia, o sotto la guida di critici e maestri non allineati alle logiche e alle politiche di regime, una ricerca volta all'espressione quanto più possibile fedele della propria umanità e del proprio modo di rapportarsi al mondo. Bruno Cassinari appartiene alla schiera di questi piccoli eroi della nuova pittura, che sul finire del decennio si ritrovarono sodali in una battaglia condotta nel segno della libertà stilistica e di contenuti. Il pittore, membro del gruppo di Corrente, scelse come arma principale il colore, come rivela anche l'opera Vitello squartato, in cui la sagoma esangue del grande animale si dispiega davanti ai nostri occhi, mostrando il grande ventre aperto e ormai svuotato. Il dipinto, che attualizza un soggetto macabro e spietato più volte indagato nella storia dell'arte occidentale, traduce con caparbia poeticità la violenza di una scena quotidiana da poco consumatasi in un interno anonimo.

Renato Guttuso
Renato Guttuso era convinto che la pittura dovesse penetrare nella realtà osservata per poi ricreare, sulla tela, un suo equivalente plastico capace di trasmettere "la quantità di carne viva" che in essa pulsa e si agita, come scrisse a Ennio Morlotti nel 1943. Nell'estate di quello stesso anno, in fuga dalla polizia fascista, trovò ospitalità da Alberto Della Ragione. Al soggiorno nella villa di Quarto risalgono Massacro, il Ritratto di Alberto Della Ragione e Natura morta con giornale: tre opere emblematiche dei generi esplorati dall'artista, solidamente ancorate agli eventi vissuti in quei giorni drammatici.
Sotto l'egida di Guernica, Massacro testimonia in diretta i disastri della guerra. L'opera raffigura una scena affollata di corpi straziati, affastellati, gettati in una fossa comune. Non c'è un punto dello spazio che non sia occupato da un arto, una schiena, un tronco, una testa. La disposizione è caotica e scomposta, come fossero rovine e macerie umane dopo un bombardamento o un'esplosione. Sul retro, la sigla del 23 luglio 1943 rinvia al giorno della presa di Palermo da parte degli Alleati. L'Italia entrava allora nella fase più delicata e contrastata della liberazione, divenendo terra di scontri ed eccidi anche tra vincitori e vinti.
Il dipinto viene citato all'interno del Ritratto di Alberto Della Ragione, opera realizzata sull'onda dell'entusiasmo per la caduta del fascismo, evocata dall'iconica iscrizione sul retro.

Carlo Levi
Medico e pittore, Carlo Levi è noto al grande pubblico soprattutto per il suo impegno politico, oltre che come autore di celebri romanzi come Cristo si è fermato a Eboli e Paura della libertà.
Legato a Felice Casorati e amico di Piero Gobetti, con il quale condivideva la passione politica e l'antifascismo, nei primi anni Venti raggiunse Parigi, dove poté guardare dal vivo gli impressionisti, scoprire Modigliani e Matisse, la pittura dei fauves.
In Giovane donna si riconosce una figura femminile ritratta a mezzo busto. Il braccio sinistro è steso sulla testa reclinata, come per tedio, in un torpore dai risvolti malinconici. Il dipinto, così come il successivo Ritratto di uomo, ci invita a contestualizzare le sensazioni e i sentimenti a esso apparentemente sottesi, rapportandoli agli anni Trenta, periodo buio per la libertà nel nostro Paese, durante il quale l'artista fu spedito al confino in Lucania (1935-1936) e poi esule in Francia (1939-1940). Al rientro in Italia, l'artista soggiornò a Firenze, dove nel 1941 prese uno studio in Piazzale Donatello. Furono anni segnati dalla semiclandestinità e dal terzo arresto, che lo condusse alla detenzione nel carcere delle Murate nell'estate del 1943. Rilasciato, trovò rifugio in piazza Pitti, dove scrisse Cristo si è fermato a Eboli. Esponente del Partito d'Azione, intrecciò importanti legami con altri rappresentanti della lotta antifascista, divenendo co-direttore della "Nazione del Popolo", pubblicazione del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale.

Mario Mafai
Cantore moderno della Roma in via di disfacimento, oltre che grande creatore di nature morte, Mario Mafai reagisce alla retorica del Novecento con una pittura tonale, sentimentale e a tratti fantasiosa.
Alla fine degli anni Trenta, la sua famiglia fu costretta a fuggire da Roma a causa delle persecuzioni razziali. Antonietta e le figlie si rifugiarono a Genova, dove trovarono il supporto e la protezione di Alberto Della
Ragione e di Emilio Jesi.
Tra le opere più emblematiche di questo periodo, fatto di timori e angosce, si ricordano le Fantasie, una serie di circa trenta tavolette dipinte tra il 1939 e il 1944, in cui si addensano emozioni e pensieri.
Sebbene Mafai abbia sempre rifiutato un accostamento tra le immagini delle Fantasie e l'epoca tragica in cui furono eseguite, è quasi impossibile dissociare queste inquietanti rappresentazioni dalla realtà vissuta dall'artista. Sono riproduzioni di un'immaginazione che collima con una realtà violenta e brutale.
Vi si riconoscono grovigli di nudi che lottano, figure aggressive, corpi straziati. I violenti, gli omicidi, impugnano aste da cui pendono drappi scuri. La materia pittorica è portata al punto di essere informe, un magma che inghiotte la realtà. In un disfacimento che è fisico e morale.

Giorgio Morandi
Figura schiva e riservata, Giorgio Morandi aderì inizialmente al fascismo, sposando l'ideologia rurale delle origini promossa dal gruppo Strapaese. Negli anni della guerra, tuttavia, si avvicinò ad alcuni esponenti dell'antifascismo tosco-emiliano: frequentazione che condusse al suo arresto nel maggio 1943 e alla perquisizione della sua casa-studio bolognese in via Fondazza. I mesi seguenti furono segnati da un lungo isolamento nelle campagne di Grizzana (giugno 1943 - settembre 1944), dove l'artista continuò a condurre uno stile di vita ritirato, quasi monacale. Questo rigore si riverberò nelle proprie composizioni. Nel suo mondo, i soggetti si riducono all'essenziale. Ovunque regna il colore come silenzio. Nelle nature morte e nei paesaggi, costruzioni essenziali rifuggono qualsiasi retorica, discostandosi dalla magniloquente monumentalità del regime per lasciare spazio a visioni poetiche dal sapore quotidiano. Morandi riesce così ad andare oltre il visibile, senza tuttavia mai abbandonarlo. Fu questo il suo modo di opporsi all'oscura brutalità della storia, alla violenza fascista con dipinti di acuta sensibilità in cui i traumi, le inquietudini e angosce esistenziali vanno ricercati tra le pieghe immote degli oggetti, nella vibrazione del colore-luce.

Ennio Morlotti
"Morlotti insegue sempre la sua visione, ma una visione in cui la volontà di andare al di là [...] pronuncia il divieto di acquietarsi nei moduli della dolcezza abituale": così Mario De Micheli introduceva su "Pattuglia" l'opera di Ennio Morlotti nel 1943. È una fase di intenso travaglio per l'artista lecchese, che si era affacciato tardi alla pittura e combinava, nella propria ricerca, gli insegnamenti provenienti da artisti anche molto diversi tra loro, quali Giorgio Morandi, Paul Cézanne e Pablo Picasso. Fu soprattutto il folgorante incontro con la ricerca di questi ultimi, avvenuto a Parigi nel 1937, ad influenzare la sua pittura nei primi anni Quaranta, durante i quali si avvicinò al gruppo Corrente e rielaborò in chiave del tutto originale l'insegnamento di Guernica, che aveva avuto l'opportunità di vedere di persona. Morlotti vive un grande travaglio esistenziale. In una lettera a Ernesto Treccani scrive, nel 1944: "Ora sono stanco di questa resistenza e ti dico: butto all'aria tutto. Tutti i miei sogni, le mie nostalgie. Ritorno alle mie passioni, a me stesso. Ritorno al mio destino di pittore individualista [...]. è il realismo che mi spinge ad annullare i sogni, a voler dipingere nient'altro che questa mia rabbia per me stesso [...]. Non credo a niente. Anarchia. Risentimento. Pugnale. Nessuna luce".
Le sue nature morte e i suoi paesaggi sono ispirati a una forte esigenza di verità. Morlotti ricorre a violente pennellate strutturanti e a intensi accordi cromatici, attraverso i quali indaga il dato reale e fa esplodere, sulla tela, le tensioni ad esso sottese. La sua pittura, ardente e infuocata, si carica così di una profonda valenza sociale, dando voce a istanze di rinnovamento tipo etico, prima ancora che estetico.

Antonietta Raphaël
Antonietta Raphaël è una donna colta, cittadina del mondo, con una formazione musicale e una grande passione per l'arte. La sua apertura alle sperimentazioni dell'espressionismo e della pittura antiaccademica d'oltralpe le conferisce un ruolo di fondamentale importanza nella definizione di una poetica originale da parte degli artisti della cosiddetta "Scuola di via Cavour".
Questa giovane donna dalla bellezza non convenzionale, giunta a Roma nel 1924, contribuì ad aggiornare il compagno Mario Mafai e l'amico Scipione (Gino Bonichi) sugli esiti più recenti dell'arte internazionale,
facendosi a sua volta portavoce di una ricerca espressionista libera dagli schemi, teneramente naïf e spesso ammantata di una misteriosa carica simbolica.
Raphaël era solita rielaborare la realtà osservata con spiccata originalità disinvolta libertà creativa. Oggetti, situazioni, paesaggi vengono spesso sublimati nelle sue opere in composizioni che trasportano in una dimensione sognante, fatta di incongruenze visive e densi sottotesti simbolici. Emblematico è il dipinto presente in mostra, Fiori, del 1938, dove un mazzo di girasoli arsi dal sole, bruciati, e rinsecchiti sono accostati a un drappo scuro che sembra incarnare una figura perturbante, una minaccia, un nemico della vita.

Giuseppe Santomaso
È tra i massimi protagonisti dell'arte del dopoguerra, noto per le sue composizioni astratte connotate da componenti luministiche e cromatiche che rievocano le sue origini veneziane. A segnare il suo esordio, ancora sotto l'egida della figurazione, è il viaggio che compie a Parigi nel 1937 dove aggiorna la sua pittura rispetto alle principali novità della scena francese, trovando in Italia sponda nel gruppo milanese di Corrente. Messo sotto contratto da Della Ragione, negli anni della guerra realizza, nell'isolamento dello studio, una carrellata di nature morte di gusto barocco (un "barocco primitivo" lo definirà Lionello Venturi), poetiche composizioni di oggetti da bric-à-brac assemblati in originali varianti che sollecitano la fantasia e alludono ad arcani significati. Come le chiavi, che ricorrono almeno in tre dipinti del 1939, simbolo di mistero e di rivelazione, che ambientate su sedie sconfessano la profondità spaziale, attribuendo alla composizione qualità da arazzo.
Con la caduta del fascismo, avvalendosi della copertura di un impiego presso un cantiere navale, l'artista partecipa alla Resistenza entrando in contatto con figure di spicco come Sandro Pertini che sarà sempre suo amico ed estimatore.

Scipione (Gino Bonichi)
Ci sono artisti che, come eroi belli, Bruciano intensamente la loro vita e partoriscono opere in uno stato
di grazia luminosa, anche se conoscono l'inferno in terra. Gino Bonichi, in arte Scipione, è uno di questi esseri.
Lettore fanatico della Apocalisse, firma una serie di opere ispirate al testo di San Giovanni, tra cui quella qui esposta.
La drammaticità e la tensione sospesa che la animano ci colpiscono, trasmettendo un inquieto senso di catarsi e liberazione. Con la sua consueta pittura terrosa e bruna, intrisa di suggestioni letterarie, Scipione non parla esplicitamente di dolore, ma evoca una sospensione. Come in una sorta di indugio di fronte a una fine possibile, l'artista rappresenta tre figure annegate in una luce abbacinante che si stagliano su un paesaggio naturale appena abbozzato.
Scipione morirà solo pochi anni dopo, il 9 novembre 1933, a causa della tubercolosi, che lo consumò e lo uccise giovanissimo nel sanatorio di San Pancrazio ad Arco. Restano però le sue figurazioni, portatrici di oscuri presagi.

Italo Valenti
Tra gli anni Trenta e gli anni Quaranta Italo Valenti contribuì alla nascita del gruppo di Corrente, condividendo
con gli altri membri della compagine la voglia di innovare la pittura con un gusto di respiro europeo.
Lontano dai principi e dagli ideali della retorica fascista, nella propria ricerca si concentrò sul potere evocativo e costruttivo del colore, cui affidò il compito di tradurre la propria immaginazione delicatamente poetica.
Soprattutto a partire dalla metà degli anni Trenta, l'indagine su un'umanità umile, popolare, cedette il passo a rappresentazioni che si aprirono sempre di più ad una dimensione fiabesca e di sogno, con tratti di inquietudine e preveggenza.
È una pittura gentile e allo stesso tempo spietata, quella di Valenti, che celebra la leggerezza dell'incanto e canta il dolore della solitudine, l'emarginazione provocata dalla diversità e la gioia che accomuna.
Nei pazzi dell'isola, piccolo dipinto parte dell'omonima serie, cinque personaggi, forse tre uomini e due donne, vagano in uno spazio indefinito, circondati dal mare. Nella composizione, il confine tra normalità e follia si rivela nella sua labilità, così come la nostra capacità di percepire la realtà. Un dipinto imprigionato in una cappa di pazzia che lascia capire lo stato d'animo di un artista in mezzo alla tragedia della guerra e dell'oppressione nazi-fascista.

Emilio Vedova
Le opere di Emilio Vedova ispirate all'Antico e Nuovo Testamento costituiscono un libero esercizio di rilettura dei grandi teleri di Tintoretto per la Scuola Grande di San Rocco. La Crocifissione (da Tintoretto) è un dipinto che sprizza di tensioni e nervosismo. Le figure sono quasi irriconoscibili, parlano i colori fortemente espressivi, parla il segno rinforzato di nero. Lo spazio è definito dall'energia che si propaga e svincola l'immagine totale dal mondo della figurazione tradizionale. Come nel caso della Natività (da Tintoretto), siamo di fronte a un turbinio di luci e ombre, un guizzare di pennellate, sferrate come sciabolate, che raggiungono un calore espressivo totalmente alieno all'idea classica di armonia e decoro del primo Rinascimento.
In quei giganteschi ingorghi di segni e colori, di ombre e luci che fratturano come lampi la prospettiva e lo spazio, Vedova trova una base per collegarsi alle ricerche più avanzate dell'avanguardia europea in ambito gestuale, che lo vedrà poi come protagonista assoluto a livello internazionale. Sono anni decisivi per il giovane artista, già impegnato nella lotta partigiana. Sono anni in cui nasce un rapporto solido con Alberto Della Ragione, all'insegna di valori civili condivisi, di ideali ed esperienze forti, passate attraverso la guerra e la speranza della liberazione e della ricostruzione.     


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Mostra: Retroscena
Storie di resistenza e dissidenza nella Collezione Della Ragione

Firenze - Museo Novecento

Apertura: 28/09/2024

Conclusione: 02/04/2025

Organizzazione: Museo Novecento Firenze

Curatore: Sergio Risaliti, Eva Francioli e Chiara Toti

Indirizzo: Piazza Santa Maria Novella, 10 - 50123 Firenze

Biglietti:
Intero 9,50 €
Ridotto 4,50 € (18-25 anni e studenti universitari)
Fino ai 18 anni: Gratuito

Orario: 11:00 – 20:00 | Giovedì chiuso | Ultimo ingresso un'ora prima della chiusura

Info: +39 055 286132 | info@musefirenze.it

Sito web per approfondire: https://www.museonovecento.it/



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