Enrico Baj, Mario Merz e Marina Apollonio, sono tre artisti che, pur con esperienze molto diverse, hanno indiscutibilmente lasciato un segno nella storia dell'arte nazionale e internazionale del secondo Novecento. Nell'ultima settimana sono state inaugurate mostre, a Milano, Savona e Albissola per Baj, a Verona per Merz e a Venezia per la Apollonio, di grande interesse, in due casi dal profilo antologico, che meritano senz'altro di essere appuntate. Facciamo poi un salto all'indietro nel tempo per evidenziare una mostra che segna la riscoperta di un grande scultore del Settecento, Francesco Bertos, con un'opera che dimostra ancor oggi la sua grande attualità, e chiudiamo tornando al Novecento e al Mudec di Milano con la mostra dedicata a Dubuffet e l'Art Brut.
I. Enrico Baj, protagonista a Palazzo Reale e Savona nel centenario dalla nascita
Enrico Baj, nato a Milano il 31 ottobre 1924, è noto in particolare come fondatore, insieme a Sergio Dangelo, del Movimento della Pittura Nucleare nel 1951. Ma i suoi esordi artisti sono fortemente legati anche alla ceramica di Albissola. Nel 1953, infatti, fondò il Movimento internazionale per una Bauhaus immaginista, insieme ad Asger Jorn, e l'anno successivo nel 1954 i due artisti diedero vita agli Incontri internazionali della ceramica ad Albissola Marina presso le Ceramiche Mazzotti, ai quali parteciparono diversi grandi artisti, tra cui Lucio Fontana.
Col mese di ottobre sia Milano che Savona e Albissola rendono omaggio al grande Maestro del Novecento con una serie di mostre sotto il titolo di "BAJ Baj chez Baj". Oltre a Palazzo Reale, le sedi interessate sono il Museo della Ceramica di Savona (con una sezione dedicata proprio dedicata all'Incontro Internazionale della Ceramica del 1954), il Centro Esposizioni MuDA di Albissola Marina, dove sono allestite le grandi e coloratissime ceramiche figurative e mitologiche della fase kitsch, e la Casa Museo Jorn, dove sono esposte le prime ceramiche nucleari.
La retrospettiva Milanese, prodotta da Palazzo Reale con Electa, e curata da Chiara Gatti e Roberta Cerini Baj, porta in mostra quasi cinquanta opere che coprono un arco temporale che va dai primi anni Cinquanta fino all'inizio del Duemila. Il progetto prevede una pubblicazione unica edita da Electa. Per saperne di più continua a leggere.
II. Mario Merz alla Galleria d'Arte Moderna Achille Forti
Mario Merz, "Senza Titolo", 2002. Giornali, vetro neon, misure ambiente - Collezione Merz, Torino. Foto © Marcelo Setton, Buenos Aires - Copyright © MARIO MERZ, by SIAE 2024... leggi il resto dell'articolo»
Si intitola "Mario Merz. Il numero è un animale vivente" il nuovo progetto espositivo ad opera di Patrizia Nuzzo e Stefano Raimondi per a Galleria d'Arte Moderna Achille Forti, a Palazzo della Ragione a Verona, visibile dall'11 ottobre 2024 al 30 marzo 2025. L'iniziativa nasce nell'ambito del format Habitat della manifestazione fieristica ArtVerona, che quest'anno è dedicato ad una figura cardine dell'Arte Povera, uno degli artisti italiani più noti e presenti nei musei a livello internazionale, che ha fatto della compenetrazione tra opera e ambiente il fulcro della propria ricerca. Il percorso espositivo, che beneficia di prestiti provenienti dalla collaborazione con la Fondazione Merz, si concentra sugli elementi archetipici che costantemente ritornano nella produzione dell'artista.
L'idea di Habitat è declinata nella sua accezione più intima e profonda di spazio dell'abitare: la forma semisferica e aperta dell'igloo evidenzia la reciproca invasione tra opera e ambiente, tra dimensione interna ed esterna, individuale e collettiva. A suggerire un'idea di circolarità contribuisce anche la natura spiraliforme della serie numerica di Fibonacci, sequenza progressiva che determina i processi di crescita del mondo naturale, in cui ogni numero è la somma dei due precedenti e che si traduce in un'incessabile proliferazione delle forme. La riflessione intorno alla natura ciclica delle cose nella poetica di Mario Merz non interessa solo lo spazio ma anche e soprattutto il tempo, che qui interagisce con le sagome degli animali preistorici per rimandare ad un immaginario remoto e ancestrale. Scopri di più sull'esposizione.
III. Marina Apollonio alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia
La più grande retrospettiva mai realizzata in ambito museale in Italia dedicata a Marina Apollonio, questo è "Marina Apollonio. Oltre il cerchio" che, dal 12 ottobre di quest'anno fino al 25 gennaio 2025, porta a Venezia un centinaio di opere provenienti dalla collezione dell'artista e da istituzioni museali nazionali e internazionali. Marina Apollonio è tra le maggiori esponenti dell'Arte ottica (Op) e cinetica internazionale, sostenuta e collezionata da Peggy Guggenheim, che dopo aver visto una sua mostra a Venezia nel 1968, alla galleria Barozzi, decise di commissionarle Rilievo n. 505, tutt'oggi parte della collezione.
I suoi dischi rotanti hanno fatto il giro del mondo, e tra questi ricordiamo la grande opera di 10 metri di diametro Spazio ad attivazione cinetica, realizzato in occasione della mostra Op Art al Schirn Kunsthalle Frankfurt nel 2007, in cui espone al fianco di esponenti dell'Optical Art, tra cui Victor Vasarely, Bridget Riley, François Morellet, Julio Le Parc, Gianni Colombo, e altri.
La mostra veneziana dialoga idealmente con gli spazi di Palazzo Venier dei Leoni, dove una sala è dedicata esclusivamente ai lavori dei maggiori rappresentanti dell'Arte ottica e cinetica che Guggenheim collezionò ed espose nel corso degli anni '60, tra cui Alberto Biasi, Martha Boto, Franco Costalonga, Heinz Mack, Manfredo Massironi, Francisco Sobrino, Victor Vasarely, insieme naturalmente ad Apollonio, tutti esposti, per l'occasione, in questa sala che diventa omaggio al movimento cinetico. Scopri di più.
IV. La riscoperta di un capolavoro e di un grande scultore alle Gallerie d'Italia di Vicenza
Francesco Bertos, La caduta degli angeli, alle Gallerie d'Italia di Vicenza
Ci allontaniamo dalla contemporaneità per un tuffo nel Settecento, alla scoperta di un artista trascurato dalla storia dell'arte, che grazie alla riattribuzione di un autentico capolavoro della scultura e all'iniziativa delle Gallerie d'Italia trova oggi una nuova luce.
Si tratta di Francesco Bertos, uno degli artisti più singolari, ricercati e celebrati nella Serenissima della prima metà del Settecento, la cui fama crebbe soprattutto per gli straordinari gruppi dai soggetti allegorici bizzarri e complessi, eseguiti in bronzo e marmo per i più importanti collezionisti del suo tempo.
La mostra "La caduta degli angeli ribelli. Francesco Bertos", allestita nel piano nobile di Palazzo Leoni Montanari a Vicenza, la sede più storica della rete museale di Intesa Sanpaolo, che quest'anno festeggia il venticinquesimo anniversario dalla sua fondazione, ruota attorno al capolavoro assoluto di Bertos Caduta degli angeli ribelli, spettacolare scultura in marmo di recente attribuzione all'autore, appartenente alla collezione Intesa Sanpaolo ed esposta in una sala dedicata pensata dal lighting designer Pietro Palladino. Ricavata da un unico blocco di marmo di Carrara e composto da circa sessanta figure perfettamente rifinite in ogni dettaglio, l'opera rappresenta il combattimento celeste tra l'esercito del bene e quello del male, comandati l'uno dall'arcangelo Michele e l'altro da Satana, così come raccontato nell'Apocalisse di Giovanni. Un tema che ha dimostrato anche recentemente la sua attualità con la grande mostra di Palazzo Strozzi a Firenze "Anselm Kiefer. Angeli caduti".
Per saperne di più su questa o sulle altre opere in mostra a Vicenza, continua a leggere.
V. Dubuffet e l'Art Brut al Mudec di Milano
Jean Dubuffet Hôtel du Cantal 1961 Tecnica: Olio su tela Musée des Arts Décoratifs, Parigi © Les Arts Décoratifs/Jean Tholance Jean Dubuffet: © Jean Dubuffet by SIAE 2024
A due secoli di distanza da quell'arte dei virtuosismi tecnici che caratterizzò il Settecento, il mondo si confronta con la rivoluzione dalla straordinaria potenza espressiva dell'Art Brut, che non smette di trasmettere ispirazione anche a molti artisti contemporanei. Nel 1946 Jean Dubuffet afferma che "Tout le monde est peintre" ("Ognuno è pittore"), idea che lo spinge a cercare fuori dai circuiti tradizionali e istituzionali le tracce di una creazione che definisce con un ossimoro, intrecciando due nozioni antitetiche fino all'indistinzione: Art Brut.
Dal 12 ottobre 2024 al 16 febbraio 2025 il Mudec di Milano dedica alla sua ricerca e agli altri protagonisti di quell'esperienza la mostra "Dubuffet e l'Art Brut. L'arte degli outsider", resa possibile grazie alla collaborazione con la Collection de l'Art Brut di Losanna, che possiede una straordinaria raccolta di oltre 70.000 opere nata dal nucleo dell'eccezionale donazione fatta da Dubuffet alla Città di Losanna nel 1971. Disegni, dipinti, sculture e opere tessili, che crescono ancora oggi grazie ad acquisti e donazioni di nuove autrici e nuovi autori. Un viaggio affascinante in un mondo fatto anche di immagini forti, per scoprire la prospettiva personale e a volte estrema di ogni autore, come quello di Aloïse Corbaz che, internata in un ospedale psichiatrico, inizia a disegnare e a scrivere segretamente, utilizzando materiali insoliti come petali di fiori e foglie schiacciate, o di Adolf Wölfli, colorista geniale e autore di un'opera colossale, con 25.000 pagine di composizioni grafiche a pastello, collage, creazioni letterarie e partiture musicali. Per conoscere tutti i dettagli sulla mostra continua a leggere.
Redazione
Pubblicato il 14/10/2024
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