I. Paolo Staccioli a Piombino con "I cavalieri del Castello"
Il Castello di Piombino fino al 21 luglio ospita la mostra dell'artista Paolo Staccioli, intitolata "I cavalieri del Castello", curata da Antonio Natali con Filippo Lotti e organizzata con il Comune di Piombino e la società Parchi Val di Cornia.
Dalle parole di Filippo Lotti: "Questa esposizione offre l'opportunità di immergersi nel mondo dello scultore fiorentino attraverso un percorso che abbraccia opere in bronzo e terracotta. La maestria eccezionale di Staccioli, si fonde con la storia e la bellezza del Castello unendo il potere trasformativo dell'arte alla magia del luogo che la ospita.".
Paolo Staccioli. I cavalieri del Castello, foto Paolo Garzella
Ecco quindi guerrieri, cavalli e cavalieri, opere dell'artista nato a Scandicci, vicino a Firenze, nel 1943, che paiono artefatti antichi pur dimostrando la loro essenza contemporanea. Così i suoi cavalli sono spesso rappresentati su ruote, ricordando il cavallo di Troia ed evocando un senso di narrazione storica e mitologica, o, da un'altra prospettiva, i cavalli delle giostre. Figure come i "Viaggiatori" e i "Guerrieri", che realizza in genere in bronzo o in ceramica, trasmettono un senso di viaggio senza tempo e resistenza silenziosa. Le sue sculture sono intrise di una qualità narrativa, dove ogni figura sembra essere parte di una storia in corso, collegando passato e presente.
Il Castello di Piombino sembra quindi lo scenario ideale per immergersi in questa narrazione. Reprendendo ancora le parole di Filippo Lotti: "È un'esperienza che nutre l'anima, arricchisce la mente e invita gli spettatori a lasciarsi trasportare in un viaggio senza tempo tra magnificenza e creatività, tra l'eterogeneità e la ricchezza di un patrimonio, legame tra passato e presente, dove l'arte e l'architettura si fondono." . Scopri di più sulla mostra.
II. Francesco Diluca in Sicilia all'Orto Botanico di Palermo e al Castello Maniace di Ortigia
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Francesco Diluca. Rarica, Orto Bontanico di Palermo, installatio view
Francesco Diluca in queste settimane è protagonista di un nuovo progetto site specific pensato appositamente per rendere omaggio alla Sicilia. La mostra, a cura di Lara Gaeta e Camilla Nacci Zanetti, coinvolge, fino al 30 settembre 2024, due sedi espositive: il Castello Maniace di Ortigia (Siracusa), storico monumento del periodo svevo che si affaccia sul mare, e l'Orto Botanico dell'Università di Palermo, che custodisce una preziosa varietà di specie vegetali. "Rarica", il titolo scelto per il progetto artistico, è la parola in dialetto siciliano per "radice". La duplice mostra è costruita con oltre trenta opere: sculture ma anche installazioni di land art e video, che dimostrano l'interdipendenza tra essere umano e natura, che svelano ecosistemi, organismi che vivono in comunità e processi trasformativi.
Le sculture dell'artista, nato a Milano nel 1979, rappresentano anatomie umane, a cui si aggiungono concrezioni ed elementi eterogenei come filamenti, foglie e farfalle. I corpi si trovano in uno stato trasformativo, si sfaldano e appaiono inconsistenti, nonostante siano realizzati con materiali solidi come il ferro.
Sullo sfondo, il rapporto tra mito, quello di Orfeo ed Euridice, e la complessa relazione tra elementi complementari: l'acqua e la terra, l'abisso e la superficie, le creature marine e quelle terrestri, la vita e la morte. Un viaggio affascinante tra le opere dell'artista e i luoghi in cui queste sembrano prendere vita e dare forma alla capacità di rigenerazione della vita. Scopri di più sulla mostra.
III. Lorenzo Quinn omaggia la storia di Venezia
Venezia, Ca' Rezzonico: Anime di Venezia - Souls of Venice di Lorenzo Quinn
Prende il titolo di "Anime di Venezia – Souls of Venice", la nuova creazione di Lorenzo Quinn che è in esposizione a Venezia fino al 15 settembre 2024, in onore delle celebrazioni dell'Anniversario di Marco Polo a 700 anni dalla morte. L'opera è costituita da 15 statue realizzate in mesh, un intreccio metallico, a rappresentare alcune tra le Anime più significative nei secoli della Serenissima: Lorenzo Tiepolo, Caterina Corner, Veronica Franco, Elena Lucrezia Corner Piscopia, Carlo Goldoni, Antonio Vivaldi, Marietta Barovier, Elisabetta Caminer Turra, Andrea Palladio, Antonio Canova, Tiziano Vecellio, Rosalba Carriera, Giacomo Casanova e Marco Polo.
L'installazione è stata collocata nell'Androne di Ca' Rezzonico, lo splendido e imponente edificio affacciato sul Canal Grande progettato da Baldassare Longhena, sede del Museo del '700 veneziano.
"Nel suo essere insieme presente passato e futuro, Venezia ha ispirato questa installazione che vuole simboleggiare il mio "viaggio" nell'anima della Città", dice Lorenzo Quinn. Un omaggio a tutte le "Anime" che hanno vissuto qui, e che qui vivranno per sempre. Gli uomini attraverso la creazione artistica cercano di raccontare il loro passato e il loro presente. Queste statue di illustri veneziani, donne e uomini, sono testimonianza dell'unicità del nostro essere "opere d'arte" forgiate dalle mani della Grande Madre Terra". Leggi di più sulla mostra.
IV. Le sculture di Gianfranco Meggiato a Baku
Gianfranco Meggiato Heydar Aliyev Center Il Volo _ Attimo Fuggente
Gianfranco Meggiato è il primo artista italiano vivente a esporre in una grande mostra personale presso l'Heydar Aliyev Center di Baku. L'esposizione "Linee dell'Invisibile" potrà essere visitata fino al 26 ottobre e presenta 39 opere, alcune delle quali di dimensioni imponenti, di cui 19 realizzate appositamente per l'occasione. Al centro della riflessione dell'artista, nato a Venezia nel 1963, c'è la relazione con l'invisibile, la possibilità di vivere la materia, trascendendola, dandole un significato che non sia esclusivamente materiale; la relazione con l'energia, alla luce delle ricerche della Fisica Quantistica e uno sguardo alla spiritualità, che si esprime nelle forme che rimandano ai quattro elementi e all'Unità Primigenia.
Gianfranco Meggiato, Germinazione - Heydar Aliyev Center
Fra le sculture più imponenti, l'opera "Germinazione", alta oltre 6 metri e situata proprio davanti all'ingresso principale dell'Heydar Alyiev Center. Così la presenta Gianfranco Meggiato: "la scultura ricorda che siamo tutti foglie di un albero, cellule di un organismo, parti di un Essere. Fino a quando l'umanità non accetterà questi concetti di unità e fratellanza, non ci sarà né pace né rispetto per il mondo a cui apparteniamo". La scultura appare come un concatenarsi di quattro elementi abbracciati, che solo uniti possono germogliare, riportandoci alla vita: un tema che è un richiamo forte al rispetto della natura e dell'ambiente, alla possibilità di uno sviluppo che guardi al pianeta senza stravolgerne l'equilibrio.
V. Reza Aramesh in NUMBER 207 alla Chiesa di San Fantin di Venezia
Da sinistra a destra: Reza Aramesh, "Action 347: PNP Custodial Center, 16 January 1999, Progression #100" 2023.1 "Action 241: Study of the Head as Cultural Artefacts" 2023.2 "Action 364: Yarze Prison, 27 March 2005, Progression #117" 2023.3 All images courtesy of Reza Aramesh Studio
Nato in Iran, Reza Aramesh vive e lavora tra Londra e New York. Per l'occasione ha realizzato un corpus di opere in marmo come riflessione sulla condizione umana che sono esposte alla Chiesa di San Fantin a Venezia fino al 2 ottobre 2024.
NUMBER 207 presenta tre serie scultoree realizzate in marmo di Carrara, estratto dalla Cava Polvaccio, la stessa da cui Michelangelo Buonarroti sceglieva il materiale per i suoi capolavori. Allestita in conversazione con l'ambiente architettonico della Chiesa di San Fantin, l'esposizione trova il suo punto focale nella serie Study of Sweatcloth, che si compone di 207 pezzi di biancheria intima maschile a grandezza naturale, scolpiti in marmo di Carrara e disseminati sul pavimento della chiesa.
Spogliato del corpo, l'umile indumento rappresenta l'ultimo brandello materiale di dignità e autonomia corporea del prigioniero, come testimonianza della sua identità e come simbolo della sua successiva perdita. Nel sottolineare la graduale assenza della corporeità, la biancheria intima attira efficacemente l'attenzione sul corpo come luogo politico. Scolpendo il marmo – un mezzo tipicamente riservato ai soggetti di venerazione o di potere – Aramesh impartisce un senso di permanenza materiale e di integrità alle vite invisibili andate perse nei moderni atti di guerra e di terrore, trasformando la materialità di questi soggetti storici in forme scultoree basate sulla storia dell'arte europea e sull'egemonia della bellezza al servizio del potere. Continua a leggere.
VI. Pino Pascali alla Fondazione Prada
"Pino Pascali", Fondazione Prada, Milano, Ph. Roberto Marossi, Courtesy Fondazione Prada
La Fondazione Prada presenta fino al 23 settembre 2024 una grande retrospettiva dedicata all'artista italiano Pino Pascali (1935-1968) con un'attenzione particolare alla sua produzione scultorea. Nato a Bari nel 1935, Pino Pascali ha studiato scenografia presso l'Accademia di Belle Arti di Roma. Scrive il curatore Mark Godfrey nel testo pubblicato in catalogo, "Pascali ha esplorato il rapporto tra scultura ed elementi di scena e ha contrapposto scultura e oggetti d'uso. Ha creato opere che da lontano sembrano dei ready-made, ma che a uno sguardo ravvicinato si rivelano essere realizzate con materiali di recupero. Si interrogava sulle potenzialità di una scultura 'finta' o 'simulata'. [...] Usava elementi naturali come la terra e l'acqua insieme a materiali da costruzione come l'eternit, e divideva i suoi mari e campi in unità modulari. Portava in studio nuovi prodotti di consumo e tessuti sintetici per creare animali, trappole e ponti. E se la complessità del suo approccio alla scultura è indiscutibile, il fattore che rende la sua pratica artistica così geniale e originale è un altro. Pascali è un artista sempre attuale perché era un 'esibizionista'. [...] Pascali comprendeva che gli artisti del dopoguerra dovevano dedicare altrettante energie all'attività espositiva quante quelle dedicate a rifinire le opere in studio".
Una delle sezioni della mostra indaga proprio l'utilizzo da parte di Pascali di materiali naturali e industriali, studiando la loro provenienza, il loro impiego in ambito commerciale, quali altri artisti ne hanno fatto uso e il loro sviluppo nel tempo. Continua a leggere per saperne di più.
VII. Magali Reus, vincitrice del Premio Arnaldo Pomodoro per la Scultura
Clementine (Bandid), 2023 Polyurethane resin, pigments, acrylic paint, laser-cut, welded, powder-coated and hand-waxed aluminium, laser-cut, folded, powder-coated and airbrushed aluminium sheet, steel, screws 40 x 40 x 45cm Photos: Eva Herzog
Fino al 30 giugno 2024, la Fondazione Arnaldo Pomodoro presenta negli spazi del Museo del Novecento di Milano "Off Script", la mostra personale dell'artista olandese Magali Reus (L'Aia, 1981), vincitrice della VII edizione del Premio Arnaldo Pomodoro per la Scultura. La mostra, a cura di Federico Giani, espone una selezione delle più recenti sculture dell'artista, le Clementine, una serie che prende il suo spunto visivo dai barattoli di marmellata e di conserve della tradizione familiare.
La serie delle Clementine, sovradimensionate rispetto agli oggetti cui si ispirano, e realizzate con resine e metalli, sono oggetti scultorei intenzionalmente artificiali e destabilizzanti. Rappresentano, secondo la poetica di Reus, una riconfigurazione di oggetti familiari e abituali che costituiscono il nostro mondo.
L'artista In questi lavori si fa guidare da un sentimento nostalgico per la produzione alimentare casalinga, che si intreccia alla realtà della produzione e della distribuzione di massa delle multinazionali, e dalla successiva riappropriazione e rifunzionalizzazione di questi prodotti nel contesto domestico, capace di trasformarli in oggetti contraddittori, contenitori di memorie intime e personali. Nella motivazione della giuria che le ha assegnato il riconoscimento si legge che "Reus apre nuove prospettive di approccio al mondo che ci circonda, creando una distanza rispetto a realtà che a prima vista sembrano familiari e riconoscibili. [...] le sue opere sono puzzle scultorei meticolosamente fabbricati a mano, attraverso una miscela di pratiche sia artigianali che tecnologiche, capaci di testimoniare la sua raffinata sensibilità per la materialità, la composizione e il colore della scultura.". Scopri di più sulla mostra e sull'artista.
Redazione
Pubblicato il 13/06/2024
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