L’Arte Povera di Marisa Merz pronta a trionfare negli Usa

“Marisa Merz: the Sky is a Great Place” presenta circa un centinaio di opere, tra sculture, pitture e installazioni, realizzate nel corso di cinque decenni che esprimono il carattere intimo e visionario della poetica di Marisa Merz.

Se si escludono Fontana e Burri, non c’è dubbio che gli artisti italiani della seconda metà dello scorso secolo che hanno ottenuto più successo all’estero sono quelli legati a due raggruppamenti, l’Arte Povera e la Transavanguardia. Artisti che ancora oggi mietono successi e riconoscimenti, basti pensare a Penone, prima artista chiamato per una sua opera nei nuovi musei degli Emirati Arabi, a Pistoletto che raccoglie riconoscimenti dall’Estremo Oriente fino al Louvre, a Chia e Clemente sempre più presenti  oltre Oceano. L’Arte Povera, in particolare, è sempre più studiata e sempre più inserita nel mercato, basti pensare alla performance di Alighiero Boetti.
Numerose le mostre che si accavallano nel mondo. E il 24 gennaio al Met Breuer di New York si renderà omaggio a questo filone artistico con una grande mostra dedica a Marisa Merz, la moglie di Mario uno dei “fondatori” dell’Arte Povera.  La mostra, che durerà fino al 7 maggio, avrà poi una replica a Los Angeles presso l’Hammer Museum, dal 4 giugno al 7 settembre. Importante la presenza al Met di New York, la costola del Moma inaugurato  lo scorso marzo su Madison Avenue e la 75th Street, museo dedicato alle personali di artisti del XX e XXI secolo. E il primo complenno di questa struttura sita nel palazzo ideato dall’architetto Marcel Breuer, sarà quindi festeggiato con un’artista italiana.

“Marisa Merz: the Sky is a Great Place” presenta circa un centinaio di opere, tra sculture, pitture e installazioni, realizzate nel corso di cinque decenni che esprimono il carattere intimo e visionario della poetica di Marisa Merz.
La Fondazione Merz ha contribuito attivamente alla realizzazione della mostra prestando, insieme all’artista, numerose opere alcune delle quali visibili al pubblico per la prima volta. Ha inoltre fornito un importante apporto scientifico, raccogliendo tra l’altro materiale documentativo fondamentale alla stesura del catalogo. Infine insieme ai curatori ha redatto la più aggiornata e completa bio-bibliografia.
Unica rappresentante femminile del movimento dell’Arte Povera e protagonista della scena artistica italiana dalla fine degli anni Sessanta, Marisa Merz si è distinta nel tempo per un personale percorso, sviluppato in una forma autonoma e indipendente. L’opera di Marisa Merz cristallizza l’effimero e si muove oscillando tra la sfera pubblica e quella privata, fatta di memorie personali.
I primi lavori, realizzati alla metà degli anni Sessanta, sono nati come estensione della propria sfera domestica: si tratta di sculture di lamine di alluminio, strutture spiraliformi mobili e irregolari (Living sculptures) e di oggetti leggeri realizzati con fili di rame e ferri da maglia.
A metà degli anni Settanta, l’artista inizia a modellare una serie di piccole teste realizzate in argilla non cotta talvolta rivestite con pigmenti luminosi o dorature, e racchiuse nella cera.
Parallelamente e senza interruzione fino ad oggi, Marisa Merz si dedica alla realizzazione di disegni e dipinti, i cui soggetti principali sono volti e fisionomie in particolare femminili. Composte da fugaci linee arabescate e rese con tratto veloce queste figure si distaccano da qualsiasi contesto, fissandosi in uno stato di sospensione del tempo. Un misto di intimità e di delicatezza è da sempre alla base dei lavori di Marisa Merz, abile nell’esaltare le proprietà della materia utilizzata che diventa, nella mani dell’artista, uno strumento essenziale per dare forma ai suoi oggetti, lungo una linea che dall’astratto ha raggiunto nuovamente le dinamiche figurative.

Pubblicato il 07/01/2017

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