A Sondrio la Valtellina punta su Ritter

Con l'arrivo dell'estate la Valtellina punta anche sull'arte locale, ma di respiro internazionale. Il Credito Valtellinese apre dal 9 giugno a Sondrio un'importante antologica dell'artista Bruno Ritter. Un personaggio poco conosciuto alla massa, ma importante per tutta la zona alpina italiana, la Svizzera e l'Austria.

Per l’incremento del turismo estivo, la Valtellina si affida anche all’arte. A Sondrio il Credito Valtellinese ha messo in piedi, a partire dal 9 giugno, una mostra antologica dedicata all’artista Bruno Ritter che da sempre ha varcato i confini della regione per porsi con le su opere in un contesto più internazionale..
Quasi in contemporanea, il Museo Ciäsa Granda di Stampa in Bregaglia, paese natale di Alberto Giacometti, dedica a Bruno Ritter la mostra “Leggende e storia”, allestita dal 1 giugno al 20 ottobre 2017 in occasione dei 500 anni della Riforma protestante (la Bregaglia costituisce una realtà unica nel suo genere, quella di un territorio culturalmente italofono a maggioranza protestante). Si tratta di una trentina di opere realizzate negli anni 2014 – 2016, alcune con riferimenti alla Bregaglia, altre in stretto riferimento all’opera di Matthias Grünewald (1480-1528), i cui personaggi drammatici sono inseriti in un contesto religioso. Val Bregaglia e Valtellina dunque insieme per un percorso espositivo di grande ricchezza e fascino.

Bruno Ritter conosce bene la montagna e i suoi abitanti: la sua quotidianità si svolge infatti tra la Svizzera, dove è nato, dove si è diplomato in arte e dove l’arte l’ha insegnata oltre che praticata, e l’Italia. Proprio qui, nel Castello di Chiavenna, ha scelto di avere il suo studio. Ogni giorno, partendo da Borgonovo, egli passa per vallate e alti monti cari a Nietzsche, Segantini, Giacometti, per raggiungere gli oleandri, le palme e i cipressi di Chiavenna. 
Un oscillare che è anche quello tra le radici nella pittura di Dürer e Grünewald, nel Nord tedesco e l’arte italiana, soprattutto quella del Novecento, di Birolli, di Levi, della Scuola Romana, di Carlo Carrà, arrivando sino a Morlotti e Vedova. Ma passando per Otto Dix, Ernst Fuchs e Max Beckmann. Stimoli diversissimi, metabolizzati e resi essenza, per raggiungere un linguaggio del tutto originale.

La mostra di Sondrio, composta da circa 60 opere, attraversa la storia del suo lavoro: autoritratti severi (l’artista è però tutt’altro che figura severa. Concentrato, riflessivo sì), paesaggi, interni, il tema delle rocce sagge (ispirato alla lunga tradizione cinese), la lotta e l’insonnia (due temi forti legati a quell’inquietudine umana che ognuno, prima o poi, sperimenta), quello dei rematori (attualissimo e arcaico al tempo stesso) scelti da Cristina Quadrio Curzio e Leo Guerra con Bruno Ritter nel suo atelier a Chiavenna. 
L’ultimo ciclo, quello dedicato al tema dei rematori e della Zattera a tutta prima potrebbe apparire paradossale per un uomo di montagna, in realtà montagna e zattera sono i due volti di una stessa strettoia, di una stessa minaccia, di una stessa tragedia; la lotta per sopravvivere può stemperarsi in follia auto distruttrice. L'aspirazione alle vette può diventare fatale desiderio di abbandonarsi all'abisso (e ben lo rammentano i drammatici ritratti di suicidi eseguiti da Ritter qualche anno fa, suicidi che si lasciano annegare nelle acque limacciose di un lago artificiale di montagna, quasi a tornare all'oblio di un grembo).
E davvero la montagna è, in questo ciclo della Zattera, sempre paradossalmente presente: è la forma aguzza che par sottendere una cima innevata alta sopra il capo di uno dei sopravvissuti , come a ribadire una condanna; è l'ammasso dei corpi che invadono la tela fino al limite superiore, impedendo allo sguardo di perdersi in lontananza; è il diffuso tema del mare inteso come materia oscura, opaca, impenetrabile, pesante; è il contorcersi delle figure che, come già nella serie delle donne-montagna, delle donne-ombra, paiono mutarsi in rocce antropomorfe, in aspri scogli che emergono dalle acque buie; è il colore della fanghiglia, del muschio e del granito; sono i formati da vertigine, veri emblemi dello spazio valchiavennasco. L’imponente paesaggio di Canete entra, con l’occasione della mostra, a far parte della collezione del Credito Valtellinese. 

Pubblicato il 07/06/2017

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