Per l’incremento del turismo estivo,
Quasi in contemporanea, il Museo Ciäsa Granda di Stampa in Bregaglia, paese natale di Alberto Giacometti, dedica a Bruno Ritter la mostra “Leggende e storia”, allestita dal 1 giugno al 20 ottobre
Bruno Ritter conosce bene la montagna e i suoi abitanti: la sua quotidianità si svolge infatti tra
Un oscillare che è anche quello tra le radici nella pittura di Dürer e Grünewald, nel Nord tedesco e l’arte italiana, soprattutto quella del Novecento, di Birolli, di Levi, della Scuola Romana, di Carlo Carrà, arrivando sino a Morlotti e Vedova. Ma passando per Otto Dix, Ernst Fuchs e Max Beckmann. Stimoli diversissimi, metabolizzati e resi essenza, per raggiungere un linguaggio del tutto originale.
La mostra di Sondrio, composta da circa 60 opere, attraversa la storia del suo lavoro: autoritratti severi (l’artista è però tutt’altro che figura severa. Concentrato, riflessivo sì), paesaggi, interni, il tema delle rocce sagge (ispirato alla lunga tradizione cinese), la lotta e l’insonnia (due temi forti legati a quell’inquietudine umana che ognuno, prima o poi, sperimenta), quello dei rematori (attualissimo e arcaico al tempo stesso) scelti da Cristina Quadrio Curzio e Leo Guerra con Bruno Ritter nel suo atelier a Chiavenna.
L’ultimo ciclo, quello dedicato al tema dei rematori e della Zattera a tutta prima potrebbe apparire paradossale per un uomo di montagna, in realtà montagna e zattera sono i due volti di una stessa strettoia, di una stessa minaccia, di una stessa tragedia; la lotta per sopravvivere può stemperarsi in follia auto distruttrice. L'aspirazione alle vette può diventare fatale desiderio di abbandonarsi all'abisso (e ben lo rammentano i drammatici ritratti di suicidi eseguiti da Ritter qualche anno fa, suicidi che si lasciano annegare nelle acque limacciose di un lago artificiale di montagna, quasi a tornare all'oblio di un grembo).
E davvero la montagna è, in questo ciclo della Zattera, sempre paradossalmente presente: è la forma aguzza che par sottendere una cima innevata alta sopra il capo di uno dei sopravvissuti , come a ribadire una condanna; è l'ammasso dei corpi che invadono la tela fino al limite superiore, impedendo allo sguardo di perdersi in lontananza; è il diffuso tema del mare inteso come materia oscura, opaca, impenetrabile, pesante; è il contorcersi delle figure che, come già nella serie delle donne-montagna, delle donne-ombra, paiono mutarsi in rocce antropomorfe, in aspri scogli che emergono dalle acque buie; è il colore della fanghiglia, del muschio e del granito; sono i formati da vertigine, veri emblemi dello spazio valchiavennasco. L’imponente paesaggio di Canete entra, con l’occasione della mostra, a far parte della collezione del Credito Valtellinese.
Pubblicato il 07/06/2017
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