Pop/Beat-Italia 1960-1979. Intervista al curatore Roberto Floreani

A poco più di tre mesi dalla sua inaugurazione, e a pochi giorni dalla notizia della sua proroga al 28 luglio, torniamo a scrivere della mostra allestita nella splendida Basilica Palladiana di Vicenza, dedicata al periodo che ha visto protagonisti in Italia i movimenti Pop e Beat: "Pop/Beat-Italia 1960-1979. Liberi di sognare".

Roberto Floreani

Lo facciamo attraverso le parole del suo curatore, l'artista Roberto Floreani, e le sue risposte ad alcune domande, per approfondire le motivazioni che lo hanno spinto ad impegnarsi in questo progetto culturale ed espositivo, ma anche per sapere com'è stata accolta la mostra da pubblico e critica.

Perché un artista, uno degli astrattisti di riferimento della sua generazione, con la passione per il Futurismo, ha deciso di impegnarsi come curatore e animatore di una mostra sulla Beat Generation e la Pop Art italiane?

R.F.: C'è sicuramente una componente autobiografica nella scelta del periodo, per aver attraversato personalmente quegli anni e per aver condiviso quel "sentire comune" di ottimismo, voglia di fare, ricerca d'indipendenza, di libertà; motivazione che deriva anche dalla necessità di esaminare quanto mi ha preceduto sul versante artistico. Il celebre artista David Hockney afferma che ogni artista, prima o poi, deve chiedersi che ruolo riveste nella storia dell'arte e penso che conoscere bene il percorso storico-artistico sviluppatosi fino ad oggi possa essere decisivo per una corretta e piena consapevolezza da orientare sulla propria ricerca.

Veniamo al titolo. Perché è stato considerato il periodo che va dal 1960 al 1979, e perché "Liberi di sognare"

R.F.: Il periodo storico 1960-1979 considerato attraversa una stagione decisiva per l'Italia: il 1960 è l'anno del film La dolce vita di Fellini, periodo del boom economico, dell'uscita dall'incubo della guerra, della fame, delle città ridotte a cumuli di macerie. Leggerezza che si intuisce dalla centralità riservata all'immagine nelle opere, dalla necessità di un racconto diretto, leggibile con immediatezza, vivo, colorato, suggestivo, di grande libertà nell'uso dei materiali più diversi, dominati da una prorompente libertà creativa. A tale proposito, il gallerista Plinio De Martiis, mentore di buona parte degli artisti pop presenti in mostra, dichiarerà: La Pop me la ricordo allegra.

Nell'accesso al percorso espositivo i visitatori si trovano di fronte ad una frase di Carmelo Bene: "Per parlare di un artista e di un poeta di vuole un artista e ci vuole un poeta.". Un modo per sottolineare che la curatela della mostra affidata ad un artista è un punto essenziale nella costruzione di questo progetto?

R.F.: Credo sia importante ricordare di come il Novecento sia stato segnato dalle intuizioni di artisti-teorici che hanno indicato la via: Umberto Boccioni con i suoi Manifesti futuristi su pittura, scultura e architettura, nonché il saggio Pittura e scultura futuriste (1910-'14), arricchiti dal testo sull'Arte Polimaterica (verso un'arte collettiva?) di Enrico Prampolini (1944) che aprirà la strada alla stagione dell'Arte Povera; Lucio Fontana sui vari aspetti dell Spazialismo con altrettanti Manifesti (1951-'58) e Piero Manzoni con i suoi due numeri della rivista Azimuth (1959-'60). Ricordando anche la componente teorica degli astrattisti italiani degli anni '30 e '50, segnata dal saggio Kn dell'astrattista Carlo Belli e dai contributi di Piero Dorazio. La figura dell'artista-teorico è quindi seminale per una lettura corretta del contemporaneo.
Gli artisti presenti in mostra sono stati tutti scelti riportando virgolettato quanto loro stessi raccontavano del loro lavoro: non ho nessuna velleità critica, quanto documentaria sulla ricerca di colleghi che sono stati efficaci testimoni del loro tempo.


Sala espositiva mostra Pop Beat Italia... leggi il resto dell'articolo»

Una delle sale espositive della mostra "Pop/Beat-Italia 1960-1979. Liberi di sognare" con opere di Mario Schifano e Gino Marotta

Veniamo al contenuto artistico della mostra per la parte dedicata alle arti visive. Come sono stati scelti gli artisti, tra cui tutti i grandi protagonisti della stagione Pop in Italia, e le opere che sono presenti lungo lo spettacolare allestimento ricavato nel suggestivo spazio espositivo?

Ho selezionato le opere per la loro qualità e rappresensentatività, approfittando della presenza delle mie nelle collezioni di Intesa-Gallerie d'Italia, del Mart di Rovereto, del Mambo di Bologna, che mi hanno messo nelle condizioni di avere un rapporto diretto con le loro collezioni. Sono presenti cento opere di 35 artisti: Schifano, Ceroli, Adami, Del Pezzo, Baj, Rotella, Pascali, Marotta, Gilardi e molti altri: cubi giganti, giraffe alte due metri, segnali stradali immaginari, tappeti-natura: una mostra immediata, popolare, adatta per tutte le età che stimola l'immaginario in un clima rasserenante, accompagnati dalla musica di quegli anni, Caterina Caselli, i Rokes, i Corvi, Lucio Battisti, i Camaleonti, che andrà in loop negli spazi della Basilica Palladiana, dichiarata dall'Unesco bene dell'umanità.

Una mostra molto spettacolare quindi. Ma quali sono i caratteri distintivi rispetto ad altre mostre dedicate alla Pop italiana che l'hanno preceduta e che sono in corso anche in queste settimane nel nostro Paese?

R.F.: Quanto alla Pop italiana ho ribadito, documentandola, la sua indipendenza tematica da quella americana, la sua grande versatilità espressiva nelle opere esposte, la possibilità di riferire la sua scaturigine al Futurismo in molti dei suoi protagonisti. Mostra del tutto inedita anche per il racconto del "sentire comune" della Pop in arte e la Beat in letteratura, riscoprendo autori misconosciuti come Gianni Milano e Aldo Piromalli o addirittura sconosciuti come Nat Scammacca (definito dal guru americano Lawrence Ferlinghetti come il migliore poeta beat italiano) e il suo Antigruppo siciliano, che conferisce finalmente identità nazionale alla Beat italiana. Viene quindi ribadita l'indipendenza degli artisti e poeti italiani dal modello americano, fino ad oggi considerato dominante, precisando che gli stessi americani, già nel 1963 ritenevano la ricerca italiana talmente indipendente da potersi chiamare neo-Futurismo.

La produzione del progetto e la grande professionalità di Silvana, mio editore e autentico riferimento in Italia, han fatto il resto, oltre alla fantastica fiducia concessami dal sindaco e dall'amministrazione comunale di Vicenza e la perfetta sintonia con l'assessore alla cultura.

Umberto Mariani, Fernando De Filippi e Sergio Sarri, presenti in mostra e all'inaugurazione, han dichiarato che si tratta probabilmente della mostra sulla Beat italiana più convincente fatta fino ad oggi nel nostro Paese.

Roberto Floreani e Umberto Mariani

Roberto Floreani (a sinistra) con Umberto Mariani (a destra) il giorno dell'inaugurazione della mostra

La mostra è stata accompagnata anche da una nutrita sezione di eventi collaterali. Perché questa scelta?

R.F.: Il racconto dei poeti beat non poteva restare nelle bacheche. Ho previsto quindi oltre 30 eventi collaterali: nei tre teatri cittadini, nel cineforum, nella Casa Pop/Beat allestita di fianco alla mostra, trasformando l'intera città in un autentico laboratorio per tutta la durata della mostra con reading, concerti, proiezioni e molto altro...

A più di tre mesi dalla sua inaugurazione, è possibile trarre qualche conclusione sul successo di questo ambizioso progetto espositivo, ma anche culturale. Qual è stato il livello di attenzione riservato alla mostra a livello nazionale?

Reputo la ricezione mediatica del progetto eccezionale, vista l'ormai decina di passaggi sui canali nazionali Rai e RadioRai, su tutte le reti anche con filmati/interviste di svariati minuti. L'attenzione ripetuta di TG5, TG24, i passaggi su Sky Arte e su una infinitià di TV locali. Importanti approfondimenti sui supplementi culturali Robinson di Repubblica, La Lettura del Corriere, svariate recensioni e interviste sulle principali piattaforme dedicate all'arte e l'azione mirata a livello nazionale di AdnKronos, con la soddisfazione di aver innescato l'approfondimento sull'Antigruppo siciliano fino a Helsinki.

Il turismo dell'arte in Italia, fortunatamente, sembra godere di ottima salute, ma la nostra esperienza di comunicatori in questo settore ci mostra che coinvolge soprattutto un pubblico piuttosto maturo. Questa mostra, fin dalla scelta dell'immagine istituzionale, oltre che nelle dichiarazioni dell'amministrazione comunale che l'ha sostenuta, dimostrava l'ambizione di voler coinvolgere anche le generazioni più giovani e i ragazzi. Rispetto alle testimonianze raccolte e all'esperienza diretta fatta durante le visite guidate, c'è la sensazione di essere riusciti nell'intento?

Per esperienza personale penso che il rivolgersi ai giovani non debba essere un'ossessione. Dalle mie tre figlie di età differenti ricavo una grande diffidenza nei confronti delle proposte "culturali", i giovani oggi – ma anche un tempo – scelgono da soli i loro itinerari. Posso dire che le classi che ho accompagnato del Politecnico di Milano, dello IUAV, dell'Accademia di Verona e anche dei licei cittadini hanno lasciato la loro entusiastica partecipazione nel book posizionato all'uscita della mostra.

Visita guidata

Una delle visite guidate col curatore della mostra Pop/Beat-Italia 1960-1979. Liberi di sognare

Da artista, curatore e intellettuale, come giudica la capacità dell'arte contemporanea, sia quella ormai storicizzata qui rappresentata in mostra, ma vista con gli occhi di oggi, sia quella prodotta dagli artisti viventi e appartenenti alle generazioni più giovani, di incidere sulla società e sulla cultura?

R.F.: La possibilità che l'arte incida sulla società è sempre stata una sua speranza e ambizione. Personalmente credo che l'arte incida ben poco sulla realtà, anche se ambirebbe a farlo, spesso perdendo la propria funzione originaria.

Quel "liberi di sognare" sembra anche un'esortazione ai più giovani di non rassegnarsi alla sfiducia nei confronti del futuro. Un auspicio che ha ancora qualche speranza di essere il filo conduttore che può unire chi l'arte la produce e chi la vive come spettatore in un tempo come il nostro?

L'arte di oggi è il più delle volte catastrofista, nell'ambizione di essere profetica, come dicevo, e quindi raccontare che l'arte può avere anche altra funzione penso possa essere stimolante e propositivo.

In conclusione, l'artista Floreani cosa ricava da questa esperienza?

Rispetto al Liberi di sognare del titolo del progetto, non so se il sogno rappresenti la finalità dominante della mia ricerca: dipingendo vivo un sogno lungo un giorno, ogni giorno. Ma cerco di contrastare anche la deriva materialista dell'affermazione del prezzo sul valore con tutti i mezzi a mia disposizione, ribadendo la mia convinta adesione a quella Storia eroica dell'Astrazione, così definita dal filosofo Jean Baudrillard, che pone la componente spirituale al suo centro come irrinunciabile. Mi adopero poi per rimettere qualche casella storica al suo posto iniziando dal Futurismo, come ricordava in precedenza, prima Avanguardia storica del Novecento. Non casualmente, anche la Pop italiana avrebbe potuto chiamarsi Neo-Futurismo, infatti, come suggerisce anche la frase di Lucio Fontana che ho deciso di applicare alle pareti, nell'ultima sala in uscita dalla mostra:

Nulla verrà distrutto del passato, né mezzi né fini,
siamo convinti che si continuerà a dipingere e a scolpire
anche attraverso le materie del passato [...]
ma saranno pervase da sensibilità più affinata.

Quindi continuiamo a dipingere e affiniamo la sensibilità, diffondendola come missione inattuale.

Per altre informazioni sulla mostra continua a leggere: POP/BEAT – Italia 1960-1979. Liberi di Sognare 

Pubblicato il 10/06/2024

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