Una conversazione con Melissa Brown

L'artista statunitense Melissa Brown interpreta la grande tradizione della natura morta nella mostra intitolata "Flower Games" presso Cellar Contemporary di Trento. Ne parla con Itinerarinellarte.it in una convesazione in cui ci racconta il suo approccio all'arte tra gioco, studio, performance, caso e cliché.

Melissa Brown

Il Gioco

Partiamo dalla tua ultima serie "Flower Games" che dà il nome anche alla mostra presso la galleria Cellar Contemporary di Trento, perché questo titolo? Che ruolo giocano i fiori nel tuo lavoro?

M.B. Durante la mia residenza a Trento nell'estate del 2024 ho osservato la natura, visitato dintorni, i musei, il magnifico Castello del Buonconsiglio, per me è stato naturale incorporare elementi della flora locale nelle mie opere, oggetti esposti nei musei cittadini. Parte delle opere sono frutto della mia immaginazione, e parte sono dipinti dal vivo.
I fiori sono sempre la parte che dipingo dal vivo osservandoli direttamente. L'opera diventa una "natura morta immaginaria" parte di un'architettura soggettiva. Per me il gioco consiste nel mettere insieme questi elementi reali, immaginari, immaginati e ricordati in una sorta di impressioni di memoria tra osservazione, documentazioni e pittura.

Melissa Brown, Flower Games

Melissa Brown, Flower Games @ Cellar Contemporary - Trento, Ph. Greta Pedrotti

La Formazione

La tua carriera artistica ha avuto inizio con una formazione in arte, incisione e tecniche di stampa al Rhode Island School of Design e successivamente con un MFA in pittura alla Yale University. Queste esperienze formative come hanno influenzato il tuo approccio artistico?

M.B. Certamente il mio lavoro è influenzato dal mio percorso di studi, sono una grande appassionata di Albrecht Dürer, Hans Holbein, Piranesi. Se pensiamo alla storia della stampa rispetto alla pittura il primo fattore interessante con cui ci confrontiamo è l'aspetto "meccanico", quasi ci fosse un elemento di "dato di fatto" nel processo della stampa, ed è ciò che mi piace oltre al fattore intrinseco di questa forma d'arte, ovvero la sua qualità democratica.
I soggetti stessi sono democratici, storie e opere da diffondere il più possibile. Certo, anche la pittura europea, essendo esposta nelle chiese, aveva finalità pedagogica e didascalica, di diffusione, ma in maniera diversa rispetto alla stampa che parte da un fattore di "innata democrazia", viaggia di mano in mano fino ad arrivare nei secoli alla produzione di massa. E' questo aspetto democratico e meccanico che amo portare nei miei dipinti.

Melissa Brown, Flower Games

Melissa Brown, Flower Games @ Cellar Contemporary - Trento, Ph. Greta Pedrotti... leggi il resto dell'articolo»

Il Caso

Il tuo lavoro spesso combina osservazione diretta, ricordi e documentazione fotografica. Come bilanci questi diversi elementi nel processo creativo, in particolare nella serie presentata in "Flower Games"? In alcune opere ci sono anche le carte da gioco.

M.B. Un tema che mi interessa, e sempre legato alla stampa, sono le carte da gioco, in particolare i tarocchi. Si pensa che i tarocchi siano originari dal nord Italia, molto noto è infatti il mazzo Visconti-Sforza che probabilmente sintetizza in maniera figurativa le parate dei folli, che nel tempo sono diventate le matte nei mazzi di carte.  La gente si travestiva a rappresentare allegoricamente i vari stati della società, il clero, il popolo, i nobili, la milizia che poi diventano gli arcani maggiori e minori, i semi delle carte, spade, bastoni, parate in cui l'ordine sociale e la realtà sono ribaltati, re-immaginati e reinterpretati.

Melissa Brown opere

A sinistra: 10 Morning Glories, 10 Swords, 2024 Olio, Flash, acrilico e serigrafia su Dibond | 53 x 43 cm
A destra: Zinnia with Power Objects, 2024. Olio, Flash, acrilico e serigrafia su Dibond | 53 x 43 cm

Hai mai stampato il tuo personale mazzo di carte?

M.B. Si, sono stata invitata insieme ad altri artisti a creare un mazzo di carte, ho disegnato i bastoni per un'opera dal titolo "Skowhegen deck" (https://www.skowheganart.org/tarot), che si trova appunto nell'omonima scuola, Skowhegan School of Art a New York. Spesso quando dipingo estraggo a sorte una carta che diventa l'elemento di casualità sempre presente nelle mie opere. Anche in "10 Morning Glories, 10 Swords" e "Zinnia with Power Objects" ho estratto a sorte le carte, non le ho scelte.

Melissa Brown opere

Melissa Brown, Skowhegen deck: Ace of Wands, IV, Queen of Wands, Skowhegan School of Art - New York

L'anno scorso ho organizzato un torneo di poker che ho chiamato "Rules of the Game" al Center for Book Arts di New York. Gli artisti invitati hanno scommesso un'opera d'arte come buy-in per il torneo. Il vincitore di ogni tavolo si è aggiudicato una collezione d'arte. Il "caso" è stato un fattore determinante nella formazione di future collezioni d'arte. Organizzo questo tipo tornei "del caso" da 10 anni.

Melissa Brown e il torneo di Poker

Torneo di poker "Rules of the Game" al Center for Book Arts di New York City, 2024

Questo elemento di casualità ha sempre voce nel tuo lavoro?

M.B. Si sempre, anche perchè, vista la mia formazione, sono consapevole di quanto sia presente l'elemento di casualità nel processo di stampa il cui risultato finale non è mai completamente controllabile dall'artista che è, in un certo senso, presente ed assente. Ho sempre trovato significativo il fattore del caso, molti sono gli artisti che hanno approfondito questo elemento come Duchamp, Magritte, John Cage, Leonora Carrington, artisti determinati ad incorporare il caso, tralasciando il sé nelle loro opere finanche a lasciare che esso determini parte delle opere stesse.

La sfera di cristallo, mi riferisco ad una delle tue fotografie, rimanda al noto quadro fiammingo "Il matrimonio Arnolfini", in particolare al dettaglio dello specchio sullo sfondo, è oggetto divinatorio come i tarocchi?

M.B. Mi interessano i tarocchi, gli oggetti di divinazione, ne posseggo molti, sfere di cristallo, carte. Il "Ritratto dei coniugi Arnolfini" è tra le opere che preferisco in assoluto, io stessa ne ho fatto una mia versione tempo fa. Gli specchi, le sfere di cristallo sono un modo familiare di mostrare una realtà differente. La ragione d'essere di questi oggetti è la riflessione se non la distorsione di ciò che vediamo in modo da dare un prospettiva e un punto di vista diversi sugli oggetti e la realtà che ci circondano.

Detaglio sfera Anrnolfini

A sinistra: sfera di cristallo, foto di Melissa Brown - A destra: dettaglio del dipinto Ritratto dei coniugi Arnolfini, Jan Van Eyck, 1434, olio su tavola, National Gallery Londra

Un gioco di percezione della realtà che è poi anche l'essenza di "Flower games".

M.B. Esattamente, l'essenza del progetto è proprio questa, presentare la realtà in maniera non familiare.

Le tue opere colpiscono per l'utilizzo potente del colore e per i medium utilizzati, pittura ad olio, serigrafia e fotografia. Le foto, per altro veramente molto belle, sono preparatoria o parallele al tuo lavoro? Questa tecnica come contribuisce alla narrazione visiva dei tuoi dipinti?

M.B. In realtà ho iniziato ad utilizzare la fotografia solo da un paio d'anni e principalmente come mezzo documentativo da tenere per lo più nel telefono. Al giorno d'oggi molti di noi documentano tutto in una relazione continua tra la propria memoria e quella dei mezzi tecnologici che abbiamo a disposizione, come se i nostri telefoni fossero una memoria di scorta. Mi interessa capire come funziona il rapporto tra le immagini che abbiamo nella nostra memoria e quelle documentate nelle foto, e come esse differiscano. Per questo anche queste immagini trovano spazio nei miei quadri.
Ciò che faccio sempre come lavoro preparatorio è il disegno che è invece la mia memoria idealizzata. Poi, una volta cristallizzata questa memoria la porto sulla foto e sul dipinto componendo gli oggetti. A volte fotografo anche gli oggetti che poi voglio includere nell'opera.

Uno dei tuoi quadri, "Black Lilies in Lava Vase", ricorda "Fiori in una brocca" di Hans Memling, è una scelta consapevole?

M.B. Amo le nature morte fiamminghe, le vanitas, la pittura rinascimentale. I fiori di Memling sono confinati in uno spazio neutro, quasi fosse una scatola, adoro la sua costruzione architettonica e simmetrica. Amo l'idea di racchiudere un concetto architettonico in uno spazio costretto. Io stessa utilizzo queste architetture minime nelle mie composizioni.
Anche nella cappella degli Scrovegni a Padova, un luogo del cuore che cerco di visitare ogni volta che vengo in Italia, è meraviglioso vedere come Giotto utilizzi l'architettura attorno alle figure umane quasi a dare cornice ad un'idea psicologica.

Opera di Melissa Brown e di Hans Memling - Flowers in jug

A sinistra: Melissa Brown, Black Lilies in Lava Vase, 2024 - Olio su Dibond | 40 x 35 cm
A destra: Hans Memling, Fiori in una brocca (circa 1485/90, Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid)

La Performance

Fattore psicologico presente anche nelle tue opere come elemento compositivo? Come scegli gli oggetti per le tue nature morte? Vi è anche qui un elemento casuale oppure sei portata ad usare un certo oggetto per il significato?

M.B. I vasi nei miei dipinti sono importanti tanto quanto i fiori, sono essi stessi personaggi che vanno in scena nella composizione, poi inserisco gli oggetti che hanno catturato la mia attenzione, nel caso di Flower Games sono oggetti che mi hanno colpito durante le visite ai musei di Trento. Mi piace l'impossibilità di includerli direttamente nella natura morta per cui la narrativa è di fatto sfalsata dato che nella composizione trovano posto questi oggetti insieme ad oggetti miei che vedo di fronte a me. Amo collezionare vasi ed cose che trovo nei mercatini o nei negozi dell'usato. Il vaso di lava di "Black Lilies in Lava Vase" è un vaso tedesco che andava in voga tra la fine degli anni 60 e negli anni 70.

Visto che i vasi sono i personaggi principali sul palco compositivo, i fiori sono quindi comprimari di queste nature morte performative?

M.B. Sì, i fiori sono i comprimari, portatori di emozioni a cui poi si aggiungono tutti gli altri personaggi, ovvero gli oggetti, lo sfondo, la luce, la relazione tra essi, l'interpretazione. L'osservatore stesso diventa personaggio poiché auspicabilmente non è fruitore passivo, ma pensante. Al giorno d'oggi è difficile catturare l'attenzione, uso i colori per cercare di attirare il momento, poi cerco di rallentarne la percezione attraverso la composizione. Il mio scopo è che tutto ciò poi si fonda naturalmente.

Le tue opere sono state esposte in numerose gallerie e fanno parte di collezioni prestigiose, come quella del Whitney Museum of American Art.

M.B. Sì, al Whitney ho un'opera sul tema della relazione, un disegno che feci dopo l'attentato dell'11 settembre. Si tratta del landscape di NYC senza le torri gemelle; stampai delle cartoline sul retro delle quali vi era la domanda "dov'eri?". Le cartoline riportavano l'indirizzo di ritorno ed erano già bollate, furono distribuite in città. Le persone si sentivano invitate a raccontare per iscritto le loro storie sul giorno dell'attentato e a inviarmi le cartoline che così tornavano a me, diverse, complete, opere uniche di vite reali ed unite attraverso storie singole parte di un'esperienza collettiva. 

Torniamo quindi al carattere democratico della stampa e all'elemento di casualità, che ritroviamo anche in "Flower Games".

M.B. Esattamente, anche nei fiori infatti mi interessa l'elemento della chance, quando si dipingono si ha la consapevolezza della loro fragilità e transitorietà, sono la quintessenza della vanitas e del cambiamento imminente, finanche alla morte.

Melissa Brown alla Cellar Contemporary

Mellissa Brown all'inaugurazione della mostra alla Cellar Contemporary di Trento - Ph. Greta Pedrotti

Come vedi l'evoluzione della tua carriera e quali sono i tuoi obiettivi futuri come artista? Continuerai la serie dei fiori?

M.B. È divertente perché ho iniziato a dipingere fiori negli ultimi due anni, ed è diventata una sorta di dipendenza. Nel mio studio a Brooklyn ora sto lavorando ad un progetto anche sugli specchi.

Possiamo dire quindi che la tua prossima serie è sugli specchi? Fiori attraverso lo specchio?

M.B. Potrebbe essere entrambi, mi interessano gli specchi perché sto lavorando a coppie di dipinti che si riflettono l'un l'altro. Penso molto alle cappelle, ai luoghi sacri, al modo in cui in quegli spazi spesso i dipinti sono posizionati uno di fronte all'altro in una relazione costante tra lo spazio dentro e fuori dal dipinto, uno spazio a volte distorto, ma questo è un altro progetto ancora. Comunque continuerò a dipingere i fiori perché sono attraenti, accessibili e fanno stare bene, pur essendo un'arma a doppio taglio, accessibili, ma anche estremamente complessi.

Rompere i cliché

Semplici e complessi, i fiori stanno all'artista come la sedia sta al designer, l'archetipo tra i soggetti.

M.B. Esatto, mi interessano gli oggetti comuni, li trovo intrisi di umanità, mi interessa il concetto di clichè, come artista non mi intimorisce il clichè dell'oggetto comune. Mi piace dipingere il tangibile e l'invisibile come le predizioni o i sogni, ma non descrivendone il contenuto. Cerco la sensazione del sogno o di un deja vu,c f6di ciò che rimane quando si è in quello spazio sospeso tra la realtà che è stata e quella che sta per diventare.

Melissa Brown, opere

A sinistra: Melissa Brown, Zinnia with Black and White, 2024, olio su tela | 40 x 30 cm
A destra: Melissa Brown, Back Window (Kitchen Table Dream), 2023, tecnica mista su carta | 60 x 45 cm

Per approfondire:

Pubblicato il 19/04/2025

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