Giuseppe Gavazzi

Giuseppe Gavazzi nasce in Francia nel 1936 da genitori toscani. Da ragazzo segue il padre carbonaio nei suoi impegni di lavoro che lo portano in Sardegna e in Maremma fino ad approdare con la famiglia sulla collina pistoiese. A Pistoia frequenta l'Istituto d'Arte, venendo a contatto con quegli insegnanti che lui definirà "artisti poco in grado d'insegnare, ma capaci di farti amare l'arte".
Un amore che prende forma anno dopo anno, tentativo dopo tentativo, prima nella pittura e poi nella scultura su pietra dove Giuseppe vede apparire dal nulla ciò che cova dentro l'animo. La pittura ad olio o a tempera rispecchia la natura e i paesaggi della campagna in cui vive, ma non corrisponde alla sua aspirazione definitiva. Giuseppe continua a seguire il suo istinto e inizia ad intagliare il legno, altra materia assai comune nella zona di Pieve a Celle, dove si trasferirà in modo stabile. Finita la scuola Giuseppe viene avviato verso la ceramica, esperienza che sicuramente lo arricchisce e che riprenderà nell'ultimo periodo di attività, quando "sfornerà" opere di ogni tipo, dai piatti, alle figure a mezzo busto, a vasi di forme strane e bizzarre che solo una fantasia sfrenata e fanciullesca può partorire. La ceramica lo mette, casualmente, in contatto con il mondo del restauro, incontro a cui si approccia in maniera piuttosto titubante ma che sarà un'esperienza decisiva per la sua vita, tanto che con una delle sue battute ricorrenti ripeterà: "Faccio il restauratore per poter fare lo scultore". Entra a far parte della bottega di Leonetto Tintori, restauratore famoso a Firenze e non solo, uomo lungimirante e aperto a nuove metodologie, che riesce a trasmettere la sua forza a Giuseppe che trova in questo lavoro spunti e carburante per la sua arte. Il restauro lo porta a contatto con i grandi maestri del passato e con quelle pitture murali che lo spingono ad intessere un fitto dialogo tra l'atto creativo del fare e quello teso a conservare le opere di grandi maestri.
E' in questa fase che inizia a maneggiare l'argilla e in breve tempo la terracotta diventa il suo linguaggio più espressivo. Giuseppe prosegue nella sua ricerca fino ad accendere le sue terrecotte di colore dopo che un disastro in fornace ha fatto esplodere una piccola statua di bambino. Prova a restaurarla ma si rende conto che le lesioni saranno visibili per sempre e renderanno l'opera inguardabile. E' a questo punto che ha una folgorazione, l' intuizione che cambierà la sua arte e la sua vita. Capisce che può mettere a frutto le sue esperienze passate di ceramista e ancor più quelle di restauratore di pitture murali, coprendo le ferite della scultura con il colore, in modo da celarle per sempre. Giuseppe scopre così con piena soddisfazione di essere in grado di arginare con la policromia i giudizi troppo crudeli della fornace e questa conquista aprirà alla sua fantasia più sfrenata le porte del mondo.

LE TECNICHE
Nel caso di Giuseppe Gavazzi lo scultore e il restauratore convivono nella medesima persona. Questo è un dato scontato ma è anche un'interazione fondamentale nella lettura ancor prima materica che artistica dello stile di uno scultore che ha saputo sviluppare le sue tecniche con il passare del tempo, soprattutto adeguandosi alle condizioni che le materie scelte gli imponevano. La pietra e il legno sono state presto soppiantate dalla terracotta, o almeno non sono più state lo strumento principale di comunicazione; la terracotta in una prima fase era solo trattata con cere o patine neutre o appena pigmentate, poi ha fatto la sua straordinaria e travolgente apparizione la policromia che frequentava quotidianamente da restauratore. Le opere in terracotta hanno iniziato così a vivacizzarsi, la materia si è spogliata della sua veste grezza per rivestirsi di un pigmento che nel tempo è divenuto sempre più necessario alla sua misura. La materia quindi ha risentito del procedere incalzante del lavoro di restauratore e di quello che la vita gli proponeva nella quotidianità del suo lavoro, dovendo passare da un eccelso artista ad un altro, ma soprattutto da un dato periodo storico a uno precedente o successivo, vedendo le superfici decorate arricchirsi con nuove soluzioni: incisioni sull'intonaco fatte con solchi profondi o piccoli disegni; imprimiture complesse, varianti pittoriche dovute a sovrapposizioni. I suoi modelli nascono nel contesto familiare e addirittura tra le riviste di moda della moglie Deanna, abile sarta. Ne esce una miscela esplosiva, di colori e varianti figurative che offrono infinite soluzioni per le sue sculture: i bambini si trasformano in figurini che partecipano alle sfilata di alta moda; gli eventi familiari anche più comuni, le percezioni più intime si adornano di decori e ricami unici e irripetibili. In tutta questa enfasi visiva continua la trasformazione cromatica e tematica che si combina e si scompone con il lavoro di restauratore. Le policromie nascono dai prodotti che usa quotidianamente nel restauro; si tratta di tempere a caseina che poi fissa passando della cera neutra sulla superficie della scultura. Nella sua casa studio i visitatori potevano vedere la sua tavolozza cromatica stesa sul muro, in modo da poter dedurre la resistenza dei colori agli agenti climatici. Di quei colori che produceva in casa per proprio conto con terre e ossidi, una prassi divenuta comune e costante tanto da rappresentare un autentico vanto.

ARTE PER LA GENTE
Se è sempre complicato consegnare l'opera di un'artista alle classificazioni che ne possono semplificare la lettura e accelerarne il gradimento, ciò è praticamente impossibile per i lavori di Gavazzi che, a causa dell'estesa pluralità delle fonti di ispirazione, riassumono al loro interno una singolare complessità e una fitta stratificazione di linguaggi che ne sottolineano prevalentemente le diversità rispetto alle affinità. A un primo impatto è infatti agevole cogliere con immediatezza le sue principali espressioni, ma le tante e tanto profonde citazioni di modelli appartenuti a tempi diversi, incontrati grazie alla sua esperienza di restauratore ma anche tra le opere di artisti moderni e contemporanei, ci assicurano un intenso coinvolgimento provocando sensazioni sempre nuove in grado di muovere corde diverse.
E' troppo sbrigativo quindi usare, nel caso di Gavazzi, termini come arte popolare se non addirittura come artigianato, anche se è vero che il primo destinatario della sua poetica è sicuramente la gente: non la cerchia privilegiata della critica e del collezionismo ma quello che con un termine magari troppo abusato si può definire il popolo. Giuseppe si rivolge a noi con coerenza concettuale e con schiettezza formale che affondano radici e giustificazioni in altre epoche, dove il lavoro dell'artista sapeva interpretare l'anima della società e trasmettere ai suoi componenti, con poche esclusioni, opportunità di apprendimento e messaggi morali, motivi di orgoglio solo per il fatto di essere partecipi della stessa comunità.
Ugualmente la componente artigianale nell'opera di Gavazzi è sovrabbondante, attraverso un dominio totale delle tecniche più complesse e diverse, anche lontane fra di loro, e alla capacità di inventare inedite combinazioni di componenti rari e pregiati, tali da richiamare una sfera anacronistica e multiculturale.
Per questi motivi i soggetti di Gavazzi si presentano in genere singoli ma anche in tale condizione suggeriscono un idea di festosa appartenenza a una cerchia allargata insieme a una disponibilità piena all'incontro e alla condivisione piena del ricco patrimonio di idee che una parte non piccola dell'umanità ha saputo creare in ogni momento, anche nei più drammatici della sua millenaria vicenda.

IL RESTAURATORE
Della sua carriera di restauratore vanno ricordati, tra gli altri, gli interventi sugli affreschi di Giotto nella Cappella Scrovegni di Padova, di Benozzo Gozzoli in Sant'Agostino a San Gimignano; del Vecchietta, del Beccafumi e del Sodoma a Siena, di Andrea del Castagno nel Cenacolo di Sant'Apollonia e sugli affreschi nel Chiostro Grande di Santa Maria Novella a Firenze, nella Cattedrale e nella Fonte dell'Abbondanza di Massa Marittima. Nel Palazzo Pubblico di Siena ha restituito vita al celeberrimo ciclo raffigurante Le Allegorie e gli Effetti del Buono e del Cattivo Governo di Ambrogio Lorenzetti, nonché alla Maestà e al Guidoriccio da Fogliano di Simone Martini. Nella stessa città toscana egli ha operato anche congiuntamente al figlio Massimo sulle pitture murali del tardo Duecento, recentemente scoperte nel Duomo della città.

LE MOSTRE
Gavazzi scultore progressivamente si afferma in Italia e all'estero, esponendo sia in mostre collettive (Barcellona, Basilea, Bologna, Livorno, Prato, Rivoli), sia personali, come quelle allestite ad Asiago, Firenze, Friburgo, Neuchatel, Monaco di Baviera, Parigi, Pistoia, San Gimignano, Siena, Torino, Zurigo. Anche la Rai si è interessata di lui con uno speciale documentario curato da Franco Simongini nel 1978. Gavazzi ha inoltre ottenuto riconoscimenti prestigiosi: il "Premio del Governo Federale della Germania (per un artista italiano)" al 21° Premio del Fiorino (1973), e il primo premio al 23° Premio del Fiorino (1977) e alla IX Biennale Nazionale Arte e Sport (1977). Nel 1993, sotto la Presidenza di Oscar Luigi Scalfaro, con Carlo Azeglio Ciampi Presidente del Consiglio, viene nominato Cavaliere della Repubblica: "Al silenzioso pittore scultore restauratore". Nel 2007 viene nominato Accademico dell'Accademia delle Arti del Disegno di Firenze.

LA CRITICA
Di Giuseppe Gavazzi si sono occupati storici dell'arte di fama internazionale, ma anche critici e cultori diversi, fra cui Cristina Acidini, Cecilia Alessi, Alessandro Andreini, Alessandro Bagnoli, Umberto Baldini, Alfiero Cappellini, Dino Carlesi, Enzo Carli, Enrico Crispolti, Mario De Micheli, Giorgio Di Genova, Mina Gregori, Paola Grifoni, Marco Fagioli, Marco Goldin, Gabriele Holthuis, Annamaria Iacuzzi, Mauro Innocenti, Nicola Micieli, Eleonora Negri, Armando Nocentini, Tommaso Paloscia, Antonio Paolucci, Dino Pasquali, Quirino Principe, Mario Ruffini, Bruno Santi, Pier Carlo Santini, Max Seidel, Siliano Simoncini, Carlo Sisi, Elisabetta Soldini, Gerhard Wolf.

Ultimo aggiornamento: 24/11/2023

Giuseppe Gavazzi nel suo studio, 2006

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