Ólafur Elíasson è artista, designer, filosofo, costruttore, tecnico, ecologista, maestro. Un uomo rinascimentale nel ventunesimo secolo. Appassionato di arte, fisica, tecnologia e tecnica, con le mani e gli occhi fissi sul verde e il blu dei boschi e del cielo.
E’ probabilmente noto al grande pubblico per The weather project (2003), installazione site specific per la Turbine Hall della Tate Modern di Londra, visitata da più di due milioni di persone, dove ha ricostruito un sole formato da 200 lampade dietro uno schermo semicircolare che si rifletteva in un sistema di specchi.
Lavora con la scultura, la pittura, la fotografia, i video, le installazioni e i media digitali. La sua arte è guidata dall’interesse per la percezione, il movimento, l’esperienza vissuta, i propri sentimenti e quelli della comunità. La sua arte non si limita ai confini dei musei e delle gallerie, ma coinvolge il pubblico attraverso progetti architettonici, interventi negli spazi pubblici, azioni di educazione artistica, sociale e ambientale.
Il suo studio è a Berlino e, non a caso, riunisce un ampio gruppo di artigiani, architetti, archivisti, ricercatori, amministratori, cuochi, storici dell’arte e tecnici specializzati. Gioca con gli elementi naturali (acqua e ghiaccio) nell’idea di connessione tra uomo, natura e sostenibilità.
“Mi sono reso conto che siamo fondamentalmente interconnessi”, ha dichiarato Elíasson su Rivista Studio. “Siamo uniti, attraverso una moltitudine di relazioni, ad altri esseri, cose, istituzioni, all’ecosistema. Vedendo le nostre vite intrecciate inestricabilmente in una rete che è il nostro mondo, stiamo imparando che siamo anche vulnerabili e che non abbiamo il completo controllo di tutto. Agiamo e interagiamo in definite situazioni con incertezza e costumi indefiniti. Esplorando collettivamente il mondo possiamo, spero, renderlo vivibile per tutte le specie”.
La sua ricerca è lenta, si sviluppa su vari anni, come i ritmi della natura.
Waterfall, ad esempio, è un’opera ispirata al fenomeno in cui l’acqua delle cascate, se sospinta da un forte vento, scorre dal basso verso l’alto. Dopo aver fotografato in 50 scatti le cascate islandesi e averle tradotte nel progetto The Waterfall series del 1996, due anni dopo propone Waterfall all’11° Biennale di Sidney: una caduta d’acqua alta sei metri proveniente da un circuito chiuso.
La medesima opera si conclude, ma forse continuerà, in fin dei conti la natura trova sempre un modo, nel 2016, quando Waterfall viene installata nel Grand Canal lungo l’asse visivo principale dei Giardini di Versailles.
In Beauty del 1993, un riflettore brilla obliquamente attraverso una cortina di nebbia sottile. Poiché l'esperienza degli effetti visivi generati dall'interazione di acqua e luce cambia in risposta alle posizioni dei visitatori all'interno della stanza, l'opera d'arte esiste solo nell'incontro di vista dello spettatore e oggetti ed è unica per ogni individuo.
©photo Ela Bialkowska OKNO studio
Anche The Glacier melt series prende vita dal 1999 al 2019; nel 1999, Ólafur Elíasson fotografa molti ghiacciai d’Islanda; questa serie fotografica si traduce poi nell'opera The glacier series. Vent'anni dopo, l’artista decide di tornare in Islanda per fotografare nuovamente gli stessi ghiacciai. Nasce un nuovo lavoro, la serie The glacier melt 1999/2019, che accosta trenta paia di immagini del 1999 e del 2019 per rivelare l'impatto drammatico che il riscaldamento globale sta avendo sul nostro pianeta.
“Ho usato i fenomeni naturali prendendoli dalla natura come se questa fosse una cassetta degli attrezzi” ha dichiarato. “Non penso però che necessariamente la natura possa essere interessante senza le persone che in essa vivono. Non sono un ecologista radicale, che pensa che la natura da sola sia importante per sé, penso sia lì per le persone. Ma certamente dobbiamo insegnare a noi stessi e ai nostri bambini a proteggerla. Nel mio lavoro, cerco un equilibrio. Faccio quello che faccio per le persone, e uso la natura come un medium, perché è in grado di parlare a un numero molto grande di individui”.... leggi il resto dell'articolo»
Le sue opere utilizzano luci, specchi, acqua, pietre, muschio, ghiaccio, acqua, nebbia e spesso rimandando alla natura della nativa Islanda. Scardinano la percezione spaziale del visitatore anche attraverso una alterata percezione della natura, cultura e del vivere quotidiano.
Le sue installazioni, basate su meccaniscmi di moto, proiezioni, ombre e riflessi incarnano un aprroccio protocinematico, una pratica che esplora lo spazio tra fotografia e film creando fenomeni ottici complessi tramite semplici dispositivi tecnici tutti progettati dall’artista e dai suoi collaboratori.
Your rainbow panorama (2011) ad Aros Art Museum di Aarhus in Danimarca, è un’installazione costituita da un corridoio circolare lungo 150 metri e altro 3 metri, con diametro di 52 metri, completamente in vetro, riflette i colori dello spettro luminoso. Ogni visitatore godeva del suo arcobaleno personale e del panorama della città visto che l’installazione era posta sul tetto del museo.
In Italia, in questo periodo è possibile ammirare le opere di Olafur Eliasson in ben due sedi, a Firenze e a Rivoli. Fino al 23 gennaio 2023 presso la Fondazione Palazzo Strozzi si può visitare una mostra personale a lui dedicata curata da Arturo Galansino. L’esposizione è la più ampia mai realizzata in Italia dall’artista ed accoglie un’ampia panoramica di sue opere, ma anche nuove opere pensate appositamente per Palazzo Strozzi. Al Castello di Tivoli, fino al 26 marzo 2023, Olafur Eliasson è intervenuto trasformando la Manica Lunga con una nuova serie di sei opere d’arte immersive.
Alcune mostre
- Olafur Eliasson (1996), Tanya Bonakdar Gallery, New York City
- Biennale di Venezia (1999, 2001, 2003, 2005)
- Olafur Eliasson (2001), Center for Art and Media Karlsruhe
- Olafur Eliasson (2001), Musée d’Art Moderne, Parigi
- Olafur Eliasson (2006), Hara Museum of Contemporary Art, Tokyo
- Take Your Time: Olafur Eliasson (2008), Moma, New York City
- Olafur Eliasson (2009), The Museum of Contemporary Art, Kanazawa, Ishikawa
- Olafur Eliasson (2010) Martin Gropius Bau, Berlino
- Contact (2014) Fondation Louis Vuitton, Parigi
- Verklighetsmaskiner/Reality machines (2015), Moderna Museet, Stoccolma.
- Waterfall, (2016), Palace of Versailles
- The Parliamente of Possibilities (2016-2017), Leeum, Samsung Museum of Art, Seul
- Reality projector (2018), installazione site-specific per la Marciano Foundation, Los Angeles
- The unspeakable openness of things (2018), Red Brick Art Museum, Pechino.
- In Real Life (2019), Tate Modern, Londra
- In Real Lufe (2020), Guggenheim, Bilbao
- Olafur Eliasson: Symbiotic Seeing (2020), Kunsthaus Zürich
- Sometimes the river is the bridge (2020), Museo di Arte Contemporanea, Tokyo.
- Life (2021), Olafur Eliasson, Fondation Beyeler, Basilea
Pubblicato il 25/11/2022
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