Via Francigena: sette regioni chiedono di inserirla nel patrimonio Unesco

Dai Longobardi fino ad oggi. Sette regioni italiane chiedono di inserire la via Francigena nel patrimonio dell'Umanità riconosciuto dall'Unesco. Si tratta di un cammino tra fede, arte, cultura e testimonianze dell'uomo. Un modo diverso per mettere insieme varie realtà minori, ma non meno importanti, del nostro paese. Un modo diverso di fare turismo.

Toscana, Lazio, Liguria, Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Valle d'Aosta insieme per ottenere l'inserimento della Via Francigena italiana nella lista del Patrimonio Unesco (World Heritage List).

Con la firma di un protocollo d'intesa sottoscritto questa mattina a San Miniato (Pi) al termine della due giorni "La Francigena e i cammini", le sette Regioni toccate dall'antica via dei pellegrini si sono impegnate a salvaguardare e promuovere i tratti della Francigena attraverso un progetto organico di carattere nazionale finalizzato al riconoscimento del titolo UNESCO.

Molto deve comunque essere fatto - a partire dall'individuazione esatta del tracciato della Francigena in tutti i territori, alla definizione delle particolarità socio-culturali-ambientali ad essa connesse e, soprattutto, al coinvolgimento di tutti gli enti pubblici coinvolti e della Commissione Nazionale Italiana per l'Unesco - ma il percorso è avviato e la Toscana è stata scelta come capofila del progetto in quanto già a capo del gruppo di lavoro che ha ottenuto nel 2013 l'iscrizione delle Ville e dei giardini medicei nell'elenco dei siti Patrimonio dell'umanità.

Parlare di Via Francigena, arte , cultura e viaggio è un tutt’uno indivisibile, considerando anche la storia che ha creato questo cammino.

Nell’Alto Medioevo, attorno al VII secolo, i Longobardi contendevano il territorio italiano ai Bizantini. L’esigenza strategica di collegare il Regno di Pavia e i ducati meridionali tramite una via sufficientemente sicura portò alla scelta di un itinerario sino ad allora considerato minore, che valicava l’Appennino in corrispondenza dell’attuale Passo della Cisa, e dopo la Valle del Magra si allontanava dalla costa in direzione di Lucca. Da qui, per non avvicinarsi troppo alle zone in mano bizantina, il percorso proseguiva per la Valle dell’Elsa per arrivare a Siena, e quindi attraverso le valli d 'Arbia e d’Orcia, raggiungere la Val di Paglia e il territorio laziale, dove il tracciato si immetteva nell’antica Via Cassia che conduceva a Roma.Il percorso, che prese il nome di “Via di Monte Bardone”, dall’antico nome del Passo della Cisa, Mons Langobardorum, non era una vera e propria strada nel senso romano né tanto meno nel senso moderno del termine. Infatti, dopo la caduta dell' impero, le antiche tratte consolari caddero in disuso, e tranne pochi fortunati casi finirono in rovina, “rupte”, tant’è che risale a quell’epoca l’uso della parola "rotta"per definire la direzione da prendere.

Quando la dominazione Longobarda lasciò il posto a quella dei Franchi, anche la Via di Monte Bardone cambiò il nome in Via Francigena, ovvero “strada originata dalla Francia”, nome quest’ultimo che oltre all’attuale territorio francese comprendeva la Valle del Reno e i Paesi Bassi. In quel periodo crebbe anche il traffico lungo la Via che si affermò come il principale asse di collegamento tra nord e sud dell’Europa, lungo il quale transitavano mercanti, eserciti, pellegrini.

 

Pubblicato il 04/03/2017

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