Gigi Guadagnucci

Gigi Guadagnucci è nato nel 1915 a Castagnetola, frazione di Massa. Qui, seguendo la tradizione della sua famiglia, comincia a lavorare il marmo quando è poco più che un bambino. Infatti ottiene, dopo la metà degli anni Venti, il suo primo impiego presso il laboratorio Ciberti. Si trasferisce comunque poco dopo nel laboratorio Soldani, dove, prima e dopo di lui, sono passati tutti coloro che a Massa si sono cimentati con la scultura che egli apprende iniziando dalle tradizionali espressioni dell’arte funeraria – la prassi dell’epoca – anche se ben presto si distingue eseguendo i suoi lavori in diretta, senza passare per il modello, conquistandosi così i suoi primi personali clienti. Nel 1936 è costretto, tuttavia, a lasciare l’Italia per motivi politici, a causa della sua ostilità al regime fascista. Ripara in Francia, ad Annemasse, dove ritrova i fratelli che nella cittadina della Savoia gestiscono una marbrerie. Da qui si trasferisce quasi subito a Grenoble dove rimane fino alla guerra e dove alterna il lavoro nei laboratori di marmo allo studio e alla ricerca, al disegno: guarda inevitabilmente ai maestri, da Auguste Rodin a Aristide Maillol, fino alla lezione di Donatello, e scopre che la scultura si impara disegnando dedicandosene con fervore.
A Grenoble frequenta Henri-Jean Closon e soprattutto Émile Gilioli che a ogni estate torna da Parigi e rappresenta così il primo forte richiamo verso la capitale francese. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, Guadagnucci si arruola nella Legione straniera e, dopo la disfatta della Francia, entra nella Resistenza. L’attività che Guadagnucci svolge nel maquis (il movimento di resistenza francese) del sud-est favorisce il suo inserimento nel paese transalpino e consolida un legame destinato a durare ben al di là dei motivi e delle contingenze che lo avevano originato.
Rientrato in Italia, si ferma a Massa fra il 1950 ed il 1953, anno in cui decide di ritornare in Francia; si stabilisce stabilmente a Parigi, dove per almeno due decenni vivrà inserito pienamente nel fervore artistico di Montparnasse. Intanto ha già avuto modo di farsi conoscere in Italia, dove nel 1952 aveva esposto a Firenze alla Casa di Dante, aveva vinto il “Premio Lorenzo Vicini” per la scultura a Forte dei Marmi e il “Premio Interregionale” di Marina di Massa per il disegno. La sua padronanza della lingua, e le sue precedenti esperienze francesi, favoriscono il suo inserimento non solo nella comunità degli artisti ma anche negli ambienti culturali più aggiornati. Frequenta gli italiani, quelli che a Parigi ci sono da sempre, come Gino Severini e Carlo Sergio Signori, e quelli che sono, come lui, appena arrivati, il carrarese Nardo Dunchi, il pisano Gianni Bertini, l’imprevedibile Remo Bianco, e poi ancora lo scrittore Beniamino Joppolo (che diventerà l’amico più sodale) e Zoran Mušič, che vive nello studio prestatogli da un amico comune, il grande fotografo Brassaї. Conosce gli ultimi grandi scultori di Montparnasse, ovvero Alberto Giacometti e Ossip Zadkine, e le giovani promesse, come César e François Stahly. Vive in grande amicizia con i Nuovi Realisti, Yves Klein e Jean Tinguely soprattutto, pur sottraendosi alle sollecitazioni di Pierre Restany che lo vorrebbe convincere a ‘militare’ nel gruppo.
Nel 1958 Guadagnucci vince una naturale reticenza a mostrarsi in pubblico ed espone le sue prime opere alla Galerie Colette Allendy, suscitando una grande impressione e i primi interessi della critica. Infatti, da quel momento, la sua presenza sulla scena parigina diventa ricorrente e sempre più apprezzata. L’artista inizia ad esporre anche fuori della capitale francese: a Auvers-sur-Oise nel 1958, a Roma nel 1959, alla Robles Gallery di Los Angeles e alla Brook Street Gallery di Londra nel 1960, prima di approdare nell’anno successivo a una delle più prestigiose gallerie parigine, quella di Claude Bernard.
In queste occasioni scrivono di lui e della sua scultura Suzanne Hagen e Mock, Favre e Loce Hoctin, ma soprattutto Claude Rivière e Pierre Courthion che nel 1958 inserisce Guadagnucci nel suo libro “L’art indépendant. Panorama international del 1900 à non jours”. Quella di Guadagnucci è in questi anni una scultura informale che tuttavia ripete i ritmi e le forme geologiche del materiale di cui è fatta. Nel 1962 partecipa alla mostra “Sculpteurs d’aujourd’hui” alla Galerie Blumenthal e nel 1963 alle rassegne “Actualité de la Sculpture” presso la Galerie Creuze e “Forme et Magie” al Bowling de Paris. Mentre continua l’intensa partecipazione alla vita artistica parigina – viene infatti invitato regolarmente a tutti i principali salons, da “Comparaison” al “Salon de Mai”, da “Réalités Nouvelles” ad “Art Sacré”, dal “Salon de la Jeune Sculpture” a “Grandes et Jeunes d’aujourd’hui” – comincia a riallacciare i legami con la sua terra. Con i primi risparmi compra infatti una casa a Bergiola, borgo sulle montagne apuane, vicino al suo paese natale. Questo riavvicinamento riceve una spinta nel 1967 quando Guadagnucci ottiene pressoché contemporaneamente due inviti che sono un forte richiamo al passato: quello alla “V Biennale di Scultura Internazionale” di Carrara e quello del “Symposium Internazionale per le Olimpiadi della Neve” di Grenoble. La partecipazione alla manifestazione di Grenoble, dove esegue una grande scultura di oltre quattro metri collocata nel Parc Paul Mistral, gli apre la strada ad una lunga serie di commissioni pubbliche per opere monumentali. L’invito alla rassegna carrarese che si ripeterà nel 1969 e nel 1973 asseconda il progressivo allontanamento da Parigi dal momento che, insieme alla possibilità di trovare materiali e manodopera di grande qualità, l’area apuana consente in quegli anni la possibilità di frequentare i grandi della scultura da Marini a Moore, da Adam a Lipchitz e Noguchi, e permette inoltre a Guadagnucci di rinnovare le frequentazioni parigine, da Signori a Gilioli, da César a Jpoustéguy, da Alicia Penalba a Zadkine e Augustín Cárdenas. Si dedica dunque soprattutto alla creazione di opere monumentali destinate a complessi scolastici o a centri universitari francesi ed è costretto a diradare le presenze alle mostre. I suoi marmi svuotati fino alla trasparenza o ridotti in lamine sottili come fasci di luce nascono da qui anche se, per trovare una applicazione su grande scala, bisognerà attendere la creazione nel 1974 di “Orgue” destinata al Palais des Congrès et de la Musique di Strasburgo. Riprende a esporre e nello stesso tempo approfondisce la ricerca di nuove soluzioni formali attente alla compenetrazione fra la sensualità delle curve femminili e l’esuberanza delle forme vegetali: nascono le “Foglie” e i loro “dialoghi”, le “Libellule”, i primi “Fiori”. Il ritorno sulla scena delle esposizioni gli vale nel 1977 il premio “Bourdelle” con la possibilità di allestire nell’anno successivo una grande mostra negli spazi del prestigioso museo parigino. La sua fedeltà al marmo, che si traduce in fedeltà alla sua terra e alla sua cultura, viene riconosciuta come un grande valore: da Alain Jouffroy, che nel 1978 gli pubblica una lunga intervista su “XXème siécle”, passando per Umberto Baldini che nel 1980 lo inserisce nel suo volume “Scultura toscana del Novecento”, fino ad arrivare a Mario De Micheli che nel 1981, nel libro dedicato alla “Scultura del Novecento”, individua i tratti distintivi della scultura di Guadagnucci nel suo “amore del marmo” oltreché nella “religione del mestiere”. Nel 1980, a causa di una fastidiosa infiammazione al braccio che gli impedisce i lavori pesanti, scopre il bassorilievo e comincia a riavvicinarsi alla figura umana realizzando i primi esempi di quelle che Jean Clair chiamerà le “lithophanies d’eros”. Risale a quel periodo anche l’incontro con Pier Carlo Santini che si rinnova in tutte le manifestazioni artistiche promosse dallo storico lucchese e che si consolida in una amicizia profonda, oltreché in un rapporto di lavoro, interrotto solo per la prematura scomparsa di Santini nel 1993. Nel corso degli anni Ottanta, Guadagnucci, che sembra attraversare una seconda giovinezza, intensifica nuovamente la partecipazione alle esposizioni e riprende altresì a viaggiare, in Europa e in America, fino alle esperienze del tutto nuove, come quella del 1988, quando si reca ad installare le sue sculture a Tokyo, e quella del 1992, in occasione dell’esecuzione di una grande scultura in legno per un villaggio turistico in Kenya. Nonostante nel 1983 il ministro Jack Lang gli conferisca una delle più importanti onorificenze della Repubblica francese, nominandolo “Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres”, gli anni Ottanta segnano il distacco definitivo da Parigi dove ancora conserva lo studio che frequenta solo raramente per periodi brevi. L’artista ha ormai riconquistato la sua terra: nel 1986 una sua grande scultura viene installata nel Palazzo Comunale di Massa e nel 1989 la Provincia di Massa-Carrara gli commissiona un bassorilievo di quasi cinque metri per la Sala della Resistenza nel Palazzo Ducale di Massa. Nel 1993 il Comune gli organizza una grande mostra, con quasi cento sculture, all’interno del Castello Malaspina, e nel 1995 festeggia gli ottant’anni dell’artista con una mostra di disegni al Palazzo Ducale di Massa recuperando un momento della sua produzione artistica che si credeva disperso. Negli ultimi anni mette a frutto l’esperienza del ritorno alla figura, sperimentata nell’esecuzione dei piccoli bassorilievi erotici degli anni Ottanta.
Muore nel settembre del 2013 nella sua casa atelier di Bergiola.
(dalla biografia di Massimo Bertozzi)

Ultimo aggiornamento: 08/01/2022

Gigi Guadagnucci - Ph. Aurelio Amendola
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