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Rara Avis. Moda in volo

  • Quando:   24/04/2024 - 21/07/2024
Rara Avis. Moda in volo
Thierry Mugler, Haute Couture primavera/estate 1997, Les Insectes. Abito-guaina in velluto con ali di piume multicolori. Modella: Simonetta Gianfelici (da specificare in didascalia) Photo by Patrice Stable. Courtesy of Mugler

La primavera 2024 al Parco archeologico del Colosseo sarà impreziosita da una mostra unica nel suo genere: si intitola "Rara Avis. Moda in volo" alle Uccelliere Farnesiane e dal 24 aprile al 21 luglio 2024 nelle Uccelliere Farnesiane sul Palatino con la curatela di Sofia Gnoli e l'organizzazione e la promozione del Parco archeologico del Colosseo.

Abiti e accessori, esempi unici di haute couture provenienti dagli archivi delle più celebri maison di moda al mondo, saranno esposti nelle Uccelliere Farnesiane, uno dei luoghi più simbolici della Roma rinascimentale e barocca, incastonate negli Orti Farnesiani del Palatino, il primo giardino botanico del mondo, voluto nel XVI secolo dal cardinale Alessandro Farnese. Il percorso della mostra si snoda all'interno dei due padiglioni ed è suddiviso in tre sezioni: Il Mito, Caleidoscopiche Visioni e Le ALI, irreALI, reALI. La alata fantasia della 'mitica' Anna Piaggi.

"La nuova mostra in programma, ancor più che in altri casi, conferma la volontà del Parco archeologico del Colosseo di vivificare i suoi importanti complessi architettonici con eventi culturali che traggano la loro ispirazione dal genius loci, in dialogo con le energie creative che progressivamente emergono dalla società civile. Una successione di straordinari abiti-uccello e accessori piumati anima, infatti, sul Palatino, le Uccelliere Farnesiane", spiega Alfonsina Russo, Direttore del Parco archeologico del Colosseo. "Grande attenzione è stata riservata, oltre che alla scelta degli oggetti, anche all'allestimento della mostra, che sarà immersivo con proiezioni di un paesaggio idilliaco, dei suoni e dei rumori della natura per la voliera che ospita la sezione Caleidoscopiche Visioni e la simulazione di tuoni e lampi nell'altra per la sezione Il Mito".

Queste alcune delle meraviglie che sarà possibile ammirare: il maestoso abito cigno bianco, una spuma di tulle completata da candide ali di Maria Grazia Chiuri per Christian Dior (Cruise, 2022); l'abito cigno nero, che riporta alla memoria la Odile di Il Lago dei Cigni di Tchaikovsky, di Alexander McQueen per Givenchy (haute couture autunno-inverno 1997); l'abito-corsetto in organza, interamente ricamato con piume di gallo e di fagiano, della Collezione Firenze 2020 di Dolce&Gabbana Alta Moda; il lungo abito nero, guarnito sul retro da una cascata di caleidoscopiche piume di Thierry Mugler (haute couture autunno-inverno 1997); il micro-abito dorato, in metal mesh ed enormi ali di piume di struzzo disegnato da Donatella Versace appositamente per Katy Perry e dai lei sfoggiato sul tappeto rosso del Gala del MET nel 2018; il look esclusivo realizzato da Alessandro Michele per Gucci con ricami in cristalli 3D e indossato da Florence Welch, al MET Gala del 2019, così come la mise, con bolero pappagallo, della prima sfilata haute couture di Jean-Paul Gaultier (autunno-inverno 1997). Un posto speciale merita inoltre l'abito "Vittoria del colibrì", progettato appositamente per "Rara Avis" da Tiziano Guardini, realizzato in seta non violenta e dedicato al tema della sostenibilità.
Una sezione è poi dedicata agli accessori "aviari" di Anna Piaggi e provenienti dalla sua collezione personale, tra cui una borsa gabbietta con canarini e cappelli di Schiaparelli e Philip Treacy.

"Proprio come due Wunderkammer, le stanze delle meraviglie, che tra il Cinquecento e il Seicento ospitavano rarità naturali e artificiali, – aggiunge Sofia Gnoli, curatrice della mostra – le Uccelliere accoglieranno abiti visionari e accessori nati dalle idee di designer internazionali. Vorremmo far vivere ai visitatori un'esperienza di stupore, come se si immergessero in un piccolo cosmo strabiliante, in cui c'è una corrispondenza tra uomo e animale, per guardare più lontano, al rapporto stesso con la natura".... leggi il resto dell'articolo»

Abiti piumati e accessori uccello fanno parte di un lessico allegorico dai molteplici significati, simbolo di contrastanti allusioni – paura, bellezza, prigione e libertà – che ha incantato nei secoli artisti e scrittori, scultori e fashion designer.
Inquietanti o benevoli, comunque metaforici, gli uccelli fanno parte del lessico delle apparenze sin dall'antichità. È il caso di Maat, dea della giustizia dell'Antico Egitto, spesso rappresentata con ali piumate, così come delle Arpie della mitologia greca, mostruose creature con viso da donna e corpo da uccello.

Pappagalli, aquile, struzzi e pavoni hanno periodicamente incantato cavalieri e regine, principesse e muse del gusto. Pensiamo all'ultimo quarto del Settecento quando la regina Maria Antonietta, giocosamente soprannominata da suo fratello Joseph "Testa di piume", furoreggiava con le sue altissime acconciature pullulanti di uccellini imbalsamati e piccole gabbie, create da Léonard, il suo parrucchiere personale. Più tardi, come emerge da certe descrizioni di Proust che, in un passo della Recherche, vede trasfigurare la duchessa di Guermantes in uccello del paradiso, le donne iniziarono a subire vere metamorfosi.

Qualcosa di simile sembra accadere con gli abiti e gli accessori in mostra che, attraverso uno stupefacente percorso, fanno dialogare il mondo umano con quello animale.
La mostra sarà accompagnata da un catalogo edito da Marsilio Arte dove, accanto al testo di Sofia Gnoli, saranno presenti saggi di Emanuele Coccia, Karen Van Godtsenhoven, Peter McNeil, Natsumi Nonaka e Simona Segre Reinach.

Testo curatoriale di Sofia Gnoli

"L'Io non è che una soglia, una porta, un divenire tra due molteplicità". (Deleuze, Guattari)

Quando con Alfonsina Russo ci chiedevamo che mostra fare in quegli scrigni di stupefacente bellezza che sono le Uccelliere farnesiane, dopo varie incertezze, ci siamo guardate e abbiamo pensato di restituirle all'uso per cui erano nate e di popolarle di visionari abiti e accessori uccello. Nasce da queste premesse Rara Avis. Moda in volo alle uccelliere farnesiane. Se vestiti e accessori piumati sono infiniti, molto più rari sono gli abiti uccello.
Questa mostra preziosa, si concentra sulla corrispondenza che da sempre lega la moda al mondo ornitologico.
Come due Wunderkammer, le "stanze delle meraviglie", che tra il Cinquecento e il secolo successivo, ospitavano raccolte di rarità naturali e artificiali, le Uccelliere Farnesiane accolgono oggi visionari abiti e accessori.
Così come allora i visitatori che facevano il loro ingresso in questi cabinet de curiosités, si sentivano pervasi di meraviglia e stupore, adesso entrare in questi due padiglioni è come immergersi in un piccolo, strabiliante, cosmo in cui, in un confronto poetico tra il mondo umano e quello animale, si riflette il rapporto dell'uomo con la natura. Un rapporto di amore e di contrasto, ma anche di sconfinata ammirazione.
Abiti alati e accessori 'aviari' fanno parte di un vocabolario allegorico dai molteplici significati, simbolo di contrastanti allusioni - paura, bellezza, prigione e libertà - che ha incantato nei secoli artisti e scrittori, scultori e fashion designer.
Inquietanti o benevoli, comunque metaforici, gli uccelli appartengono al lessico delle apparenze sin dall'antichità.
Pappagalli, aquile, struzzi e pavoni hanno periodicamente incantato cavalieri e regine, principesse e muse del gusto. Pensiamo alle alte acconciature pullulanti di uccellini e piume di Maria Antonietta o alla mania dei cappellini guarniti con volatili e trionfi di caccia dell'epoca vittoriana.
Il risultato è un'ornitologia della couture, una narrazione in cui la fantasia compie una sorta di viaggio iniziatico che fa pensare a certe riflessioni di Gille Deleuze (1925-1995). In Mille piani (1980), il saggio che scrisse insieme a Félix Guattari, si legge: "L'Io non è che una soglia, una porta, un divenire tra due molteplicità". Potrebbe sembrare un concetto astratto, ma quando pensiamo al mito, o alla letteratura gli esempi, da Ovidio alle Metamorfosi di Kafka, sono semplici da individuare e le persone si trasformano facilmente in alberi, insetti, uccelli. Qualcosa di simile accade anche nei film fantasy o di fantascienza e in questa mostra.

Il Mito
"Indossate piume che sembra appartengano al vostro corpo come le piume appartengono agli uccelli". (Jean Cocteau)

Il percorso si apre con il cigno, uccello consacrato ad Apollo secondo una tradizione risalente a Platone, e con il mito di Leda a cui si rifece Alexander McQueen in "Dissezione Eclettica", la sua sfilata di haute couture per Givenchy autunno inverno 1997. (...). Con lo stesso concetto del collo del cigno avvolto intorno alla nuca, ecco poi l'abito vagamente caricaturale in tulle realizzato dal designer macedone Marjan Pejoski per Bjork.
Anni dopo, Maria Grazia Chiuri per Dior ha chiuso la sua sfilata Cruise 2022 ispirata alla classicità antica, rivisitata in chiave activewear, e presentata allo stadio Panathinaiko di Atene, con un maestoso abito cigno, una spuma di tulle completata da candide ali, in omaggio al mito di Leda.
Dal concetto sorprendentemente simile alle successive riletture di abito-cigno di McQueen per Givenchy, di Pejoski e di Maria Grazia Chiuri per Dior, quel costume era stato creato da Travis Banton, storico capo-costumista della Paramount e fu indossato dalla diva al ballo in maschera dal titolo: Come As One You Most Admire, dato nel 1935 dall'attore Basil Rathbone.
Sul concetto di divino ha lavorato Donatella Versace nella realizzazione del look composto da micro-abito dorato in metal mesh ed enormi ali di piume di struzzo, sfoggiato da Katy Perry sul tappeto rosso del Gala del MET nel 2018. Il tema dell'esposizione dell'anno era moda e chiesa: Heavenly Bodies. Fashion and the Catholic Imagination. "Mi sentivo davvero angelica. Celestiale. Eterea" dichiarò allora la cantante nel corso di un'intervista al New York Times.
A metà strada tra un angelo e una mitologica creatura alata l'abito di Tiziano Guardini, La vittoria del colibrì, realizzato in seta non-violenta . La sezione si conclude con Angel or Devil onirico copricapo di Philip Jones e con un inno alla sostenibilità. 

Cadeiloscopiche, visioni

"Il tema fantastico nasce quando si creano accostamenti strani, quando nei complessi movimenti delle immagini e nelle loro interferenze capricciose si fa luce una parentela imprevedibile" (Gianni Rodari)

L'esposizione prosegue poi con l'abito piumato creato da Roberto Capucci nel 1983 e illustrato da Antonio Lopez su Vanity. "La fonte primigenia della mia ispirazione" ha dichiarato il sarto-artista romano "è la natura. La natura in sé ha racchiuso tutto. Colori e forme. Mistero e bellezza. Un uccello visto in Sudafrica mentre apriva le ali e mostrava i colori nascosti del suo piumaggio. Poi le chiudeva ed ecco che diventava completamente nero" .
Si prosegue con il bolero pappagallo di piume, mirabilmente confezionato dal maestro plumassier Nelly Saunier, protagonista della prima sfilata haute couture di Jean-Paul Gaultier (autunno-inverno 1997) e con il lungo abito nero, guarnito sul retro da una cascata di caleidoscopiche piume di Thierry Mugler. Quel vestito, affascinante mix hollywoodiano tra una farfalla e un uccello del paradiso, fu presentato in passerella come uscita finale di sfilata couture primavera-estate da Simonetta Gianfelici.
In questo surreale percorso zoologico affiorano alla memoria una quantità di immagini, a partire da La vestizione della sposa (1940, Peggy Guggenheim Collection, Venezia) di Max Ernst.
Ecco poi una stupefacente creazione della passerella più glamour ed eccentrica del mondo: il tappeto rosso del Gala del Metropolitan Museum di New York che, a ogni primo lunedì di maggio, prelude all'inaugurazione dell'annuale mostra di moda. Nel 2019, in occasione del Gala dedicato al Camp, Alessandro Michele per Gucci realizzò per la cantante e scrittrice britannica Florence Welch, uno splendente abito con mantello dalle nuance iridescenti costellato da due enormi uccelli ricamati sulle spalle in 3D.
Onirico e high tech l'abito di Iris Van Herpen della collezione Hypnosis (autunno-inverno 2019-20) è secondo le parole della stessa designer: "una visualizzazione ipnotica dei cicli simbiotici della nostra biosfera che intrecciano, aria, terra, oceani. Riflette anche la continua dissertazione dei ritmi della vita e risuona con la fragilità di questi mondi intrecciati".
Meno scenografico ma altamente significativo l'abito di Prada con pavone patchwork della primavera-estate 2005. In quella sfilata la signora milanese aveva mandato in passerella gonne di pavone, cappelli piumati e abiti con grandi uccelli. Se in quella collezione i dettagli 'aviari' erano uno un tema tra tanti, nella campagna pubblicitaria firmata da Steven Meisel, le modelle, messe di profilo con spalle curve e nasi affilati come becchi sembravano quasi sul momento di trasformarsi. In quella sfilata, ha scritto Emanuele Lugli che a Prada e agli uccelli ha dedicato un intero saggio: "Gli uccelli stessi emergono come creature ambigue, che possono essere, allo stesso tempo, fonte di novità e banalità, lusso e povertà, bellezza e bruttezza. Le spille di plastica dalle silhouette ben definite brillano contro gli strati impalpabili di penne autunnali e Prada, ancora una volta, ci offre uno studio dell'ibridismo della donna, consapevole oggetto del desiderio e fabbricatrice del proprio destino" ...

Le ALI, irreALI, reALI. La alata fantasia di Anna Piaggi

"Con le ALI. Il concetto Vanity, ALI dappertutto, irreALI, reALI nella moda e nel design. Aeree risposte (by airmail naturalmente) a una moda volante". (Anna Piaggi)

Così Anna Piaggi (1931-2012) esordisce sul servizio di apertura del numero dell'aprile 1983 di Vanity, trimestrale della Condé Nast da lei diretto. In copertina un primo piano di donna, firmato dall'illustratore Antonio Lopez, con sguardo in tralice e capo ricoperto da cappello con trionfo di caccia.
Grande protagonista della moda del Novecento, spesso liquidata semplicemente come giornalista, Anna è stata molto altro. Talent scout, grande collezionista, iniziatrice del vintage (quando l'usato d'autore ancora non interessava a nessuno) e individuatrice di tendenze, Anna ha avuto sempre una fantasia 'alata'...
Il richiamo agli uccelli non manca neppure nella sua rubrica più famosa: le ormai storiche D.P., Doppie Pagine che hanno 'accompagnato' i lettori di Vogue Italia dal 1988 fino alla morte di Anna nel 2012.
Celebri sono rimasti i suoi accostamenti azzardati di tuniche di Mariano Fortuny con cappellini alati e gabbiette con tanto di canarini sfoggiate al posto della borsa, così come i suoi ritratti, firmati Karl Lagerfeld, con il suo ciuffo 'blu' sormontato da cappelli gabbia e pennacchi.

Horti farnesiani. La storia
1537 Alessandro Farnese, cardinale e nipote di papa Paolo III, avvia un programma di acquisti d'una serie di piccoli appezzamenti, posti fra le falde del Palatino sul Foro e la sommità della collina, fino al versante opposto sul Circo Massimo.
1548 Alessandro Farnese cede la proprietà al fratello Ottavio, obbligando quest'ultimo a contribuire con l'enorme cifra di 1500 scudi d'oro in due anni all'abbellimento del bene familiare, riservandosene l'usufrutto.
1556-1565 subentra il cardinale Ranuccio. Intraprende una serie di lavori centrati sull'assetto vegetale del giardino, ancora per buona parte ortivo e a frutteto, con boschetti di olmi e di allori, alberi di magnolia e di agrumi. L'organizzazione spaziale, a riquadri regolari, si arricchisce di treillage a formare pergolati, cupole, tribune e incerchiate, che coprono i viali e le piazzole fra le aiuole, dove sempre più numerose compaiono le fontane.
1565 alla morte di Ranuccio la proprietà torna al cardinale Alessandro, che acquista altri due terreni limitrofi. Sul fronte nordorientale, affacciato sul Campo Vaccino, realizza: il grande muro con basamento a scarpa che delimita il giardino su questo lato e le torrette angolari alle estremità del muraglione; il portale centrale col teatro d'ingresso retrostante; la rampa di risalita al primo ripiano e il criptoportico incassato nella collina. Risale a questo momento il Ninfeo degli Specchi, erudita esercitazione sul tema della fontana incassata nel terreno a mo' di grotta, attribuibile forse a Pirro Ligorio.
1591-1626 il giovanissimo Odoardo, nel 1591 ancora sedicenne, riceve l'eredità politica dello zio Alessandro. Fa realizzare un ambiente a grotta: il triclinio estivo che verrà poi trasformato nel Ninfeo della Pioggia fra il 1612 e il 1626. A questo momento risale anche la terrazza conclusa dal fondale scenografico costituito dal fronte dei ruderi della Domus Tiberiana trasformato in prospetto monumentale in cui si incastona il Teatro del Fontanone. Al di sopra di questo basamento sorgeva ancora una costruzione, residuo delle precedenti vigne, definita nei documenti "uccelliera vecchia".
1627-1635 Odoardo intraprende le ultime trasformazioni, in vista del suo matrimonio con Margherita de' Medici nel 1628. Alla vecchia uccelliera, disassata rispetto al percorso di risalita venutosi a formare nel corso del tempo, ne viene accoppiata un'altra in modo più o meno speculare, rendendo il sistema nuovamente simmetrico rispetto all'asse monumentale. Entrambe le voliere vengono coronate da aeree coperture trasparenti in rete metallica. Ai lati delle uccelliere, per il collegamento con il ripiano superiore del giardino, due scalee spezzate in tre branche intagliano il volume del basamento, formato dalle strutture della Domus Tiberiana, accentuando lo slancio verticale della composizione. Tutto l'insieme così ricongiunto in un organico sistema di architetture sovrapposte e terrazzate viene ricoperto da una decorazione in parte a graffito in parte a stucchi. Una seconda "catena d'acqua", o successione di fontane, viene proposta sul versante orientale del giardino, con la nuova Fontana dei Platani, il sottostante e ridecorato Ninfeo degli Specchi e il doppio specchio d'acqua costituito dalle peschiere gemelle. Di quest'ultimo complesso di bacini e fontane resta solo il Ninfeo degli Specchi.
Metà del '600 comincia il declino, quando Ranuccio II trasferisce la corte a Parma, dopo la sconfitta nella guerra di Castro. Da allora nessun membro della famiglia Farnese fissa più la propria residenza nella città dei papi.
14 novembre 1692 lettera che attesta che i giardini, che costituiscono una grossa spesa, vengono dati a coltivare a giardinieri d'habilità e fede, che abbiano a contentarsi del frutto, che ne caveranno, invece delle provigioni, che si sono pagati per lo passato.
1718 – 1854 dai documenti si apprende la progressiva trasformazione del giardino in consolidata azienda agricola, la "Reale Azienda Farnesiana".
1721 - 1727 il duca di Parma Francesco I intraprende lo scavo dell'area. Scoperta di tre grandi ambienti della Domus Flavia: il Lararium, l'Aula Regia e la Basilica. Vengono rinvenute le statue più belle della collezione conservata nel museo della Pilotta a Parma: i due nudi maschili colossali in basalto dell'Ercole e del Dioniso Farnese.
20 gennaio 1731 muore Antonio senza eredi maschi. L'unica discendente, Elisabetta Farnese, sposa Filippo V di Borbone.
1809 – 1814 amministrazione francese a Roma, il prefetto napoleonico conte di Tournon, fa disegnare un nuovo assetto del giardino simile a un parco pubblico. L'idea non vede la luce, invece viene realizzato il progetto, attribuito al Valadier, per una riedizione in veste neoclassica delle uccelliere, prive delle coperture a pagoda, saldate da un corpo centrale e rese abitabili per il conte.
1861 l'imperatore francese Napoleone III compra con fondi del proprio patrimonio personale gli Orti Farnesiani da Francesco II di Borbone, con l'esplicito proposito di condurvi scavi. L'impresa viene affidata all'archeologo italiano Pietro Rosa. Avviene la completa distruzione delle coltivazioni, mentre le costruzioni e le fontane vengono conservate o parzialmente riadattate con lievi modifiche, come le uccelliere, che diventano l'abitazione del direttore degli scavi.
1870 gli Orti Farnesiani vengono acquistati dal Governo Italiano.
1876 Rodolfo Lanciani viene nominato direttore degli scavi. La superficie dei giardini viene drasticamente ridotta. La facciata nord, sul Campo Vaccino, e i casini angolari vengono rasi al suolo. Il portale del Vignola viene smontato.
Inizio del 900 l'archeologo Giacomo Boni prosegue gli scavi e riprende anche a occuparsi del giardino. Reintroduce essenze esotiche a ricordo del ruolo di Orto Botanico del giardino nel corso del '600. Riporta alla luce il Ninfeo degli Specchi, dalla metà del XVIII secolo seppellito da detriti di scavo e vegetazione inselvatichita. Viene sepolto negli Orti Farnesiani.
1957 rimontaggio del portale del Vignola in via di San Gregorio, quale accesso monumentale al parco archeologico del Palatino, ancora attuale ingresso.

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Mostra: Rara Avis. Moda in volo

Roma, Uccelliere Farnesiane

Apertura: 24/04/2024

Conclusione: 21/07/2024

Organizzazione: Parco archeologico del Colosseo

Curatore: Sofia Gnoli

Indirizzo: Orti Farnesiani sul Palatino, via di S. Gregorio - 00186 Roma

Orario: 9.00 – 18.45, ultimo ingresso alle ore 18.30 | visitabile tutti i giorni con esclusione delle giornate a ingresso gratuito



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