FotografiaMostre a Roma

Helmut Newton. Legacy

  • Quando:   18/10/2023 - 10/03/2024
  • evento concluso
Helmut Newton. Legacy
Helmut Newton, Vogue Italia. Como, 1996, Italian Vogue. Como, 1996 © Helmut Newton Foundation

Prosegue fino al 10 marzo 2024 al Museo dell'Ara Pacis la mostra "Helmut Newton. Legacy", l'esposizione dedicata a uno dei fotografi più amati di tutti i tempi con oltre 200 scatti di cui 80 esposti per la prima volta in questa rassegna.

Elegante, provocatorio, rivoluzionario. A cento anni dalla sua nascita, il Museo dell'Ara Pacis di Roma ospita l'ampia retrospettiva "Helmut Newton. Legacy", ideata per celebrare il fotografo (Berlino, 1920 – Los Angeles, 2004) e posticipata a causa della pandemia. Un viaggio nella sua avventurosa vita attraverso oltre 200 scatti, in parte inediti, riviste e documenti, per raccontare con un nuovo sguardo l'unicità e lo stile di un protagonista del Novecento che si descriveva con queste parole: «Il mio lavoro come fotografo ritrattista è quello di sedurre, divertire e intrattenere».

L'esposizione, curata da Matthias Harder, direttore della Helmut Newton Foundation, e da Denis Curti, direttore artistico de Le Stanze della Fotografia di Venezia, è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e Marsilio Arte, organizzata da Zètema Progetto Cultura e Marsilio Arte, in collaborazione con la Helmut Newton Foundation di Berlino. Con il sostegno di Rinascente. Fashion Partner: Vogue. Travel Partner: Ferrovie dello Stato Italiane. Media Partner: La Repubblica, Rai Cultura, Rai Pubblica Utilità. Radio ufficiale: Radio Monte Carlo. Il catalogo è pubblicato da Taschen.

Il fotografo, all'anagrafe Helmut Neustädter, cognome anglicizzato poi in Newton, nasce a Berlino nel 1920 da una benestante famiglia ebrea e già a 12 anni dimostra familiarità con la macchina fotografica tanto che a 16 lavora come apprendista dalla famosa fotografa di moda Yva, sperimentando i suoi primi autoritratti, inscenati con grande sicurezza. Nel 1938 è costretto a lasciare la Germania a causa delle persecuzioni antisemite e, dopo un passaggio a Trieste, s'imbarca verso l'Australia dove apre un piccolo studio di fotografia che segnerà l'inizio della sua carriera.

Il percorso espositivo ripercorre la vita, umana e professionale, di un uomo ricordato come l'autore di scatti che hanno fatto la storia della fotografia, apparsi nelle più importanti copertine di fashion magazine, arricchiti da un corpus di inediti che svela aspetti meno noti della sua opera. Sono circa 80 infatti le fotografie esposte per la prima volta in questa rassegna. A completare l'esposizione, le testimonianze prodotte dai materiali d'archivio come le stampe a contatto o le pubblicazioni speciali.... leggi il resto dell'articolo»

Sei capitoli cronologici raccontano l'evoluzione fotografica di Newton: dagli esordi degli anni Quaranta e Cinquanta in Australia fino agli ultimi anni di produzione, passando per gli anni Sessanta in Francia, gli anni Settanta negli Stati Uniti, gli Ottanta tra Monte Carlo e Los Angeles e i numerosi servizi in giro per il mondo degli anni Novanta.

Il visitatore avrà la possibilità di entrare nel cuore del processo creativo per scoprire i segreti di immagini divenute parte della nostra memoria visiva e collettiva, come la serie Big Nudes che diventerà il suo libro di maggior successo.

Il suo occhio ha rivoluzionato la fotografia di moda, come dimostrano gli scatti dedicati alle creazioni dello stilista André Courrèges, realizzati per la rivista britannica Queen nel 1964, e le collaborazioni con personalità del calibro di Yves Saint Laurent, Karl Lagerfeld, Thierry Mugler, Chanel e tanti altri. Il suo nome entrerà nel gotha dei fotografi quando nel 1961, su invito di Vogue Paris, si trasferisce con la moglie June nella capitale francese, dove perfezionerà il suo stile.

Un focus specifico è dedicato proprio ai servizi di moda considerati all'epoca all'avanguardia, come quelli ispirati ai film di Alfred Hitchcock, Francois Truffaut e Federico Fellini: non solo scatti, ma vere e proprie storie che contengono dettagli intriganti. Tra una sezione e l'altra, sarà possibile scorgere l'intensa attività ritrattistica di Newton che ha immortalato volti celebri come Gianni Versace, Andy Warhol, Charlotte Rampling, Romy Schneider, Catherine Deneuve, Mick Jagger, Nastassja Kinski, David Bowie, Elizabeth Taylor, Arthur Miller, solo per citarne alcuni.

La mostra riserva ampio spazio all'esperienza professionale del fotografo nel nostro Paese e al suo proficuo rapporto con l'editoria italiana. Una collaborazione importante che gli ha consentito di catturare le affascinanti atmosfere di località come Montecatini, Firenze, Milano, Capri, Venezia e, naturalmente, Roma. Newton era di casa a Roma come raccontano otto scatti ambientati nella capitale, in prevalenza tratti dalla serie nota come Paparazzi. Questa sequenza fotografica, unita ad altre due immagini di moda, dimostra ancora una volta la sua capacità di creare atmosfere effimere e intense trasformando una foto in una visione.

In continuità con le esperienze fatte in occasione delle ultime mostre e rinnovando l'impegno della Sovrintendenza Capitolina per l'accessibilità, la mostra Helmut Newton. Legacy è progettata per essere fruibile dal più ampio pubblico possibile grazie alla collaborazione con Rai Pubblica Utilità e Rai Cultura, con il Dipartimento Politiche sociali e Salute – Direzione Servizi alla Persona di Roma Capitale e Cooperativa Segni d'Integrazione – Lazio e con Radici Società Cooperativa Sociale. Audiodescrizioni, video LIS e disegni tattili, disponibili in mostra e scaricabili online, saranno gli strumenti di accompagnamento al percorso nelle sue sezioni cronologiche, con approfondimenti tematici su alcune delle fotografie più rappresentative. Per tutto il periodo di apertura dell'esposizione è inoltre previsto un servizio di visite tattili e visite con interpreti LIS gratuite.

Note biografiche

Helmut Newton (Berlino, 1920 – West Hollywood, 2004) inizia la propria formazione all'età di 16 anni affiancando la famosa fotografa di moda Yva, ben presto lascia la città per sfuggire alle persecuzioni degli ebrei. Dopo alcuni viaggi durante i quali lavora come fotoreporter, nel 1945 apre a Melbourne un piccolo studio e successivamente inizia a collaborare con Vogue Australia, British Vogue e con Henry Talbot, un collega fotografo tedesco.

Nel 1961 si trasferisce a Parigi con la moglie June e afferma il suo stile grazie ai lavori per Vogue France, Elle France e Queen. Si mostra subito in grado di catturare lo spirito dei tempi, senza limitarsi alla rappresentazione dell'abbigliamento come accessorio e proponendo una fotografia dal taglio metafisico. Nel 1981 sviluppa un nuovo concetto visivo che desta scalpore per Vogue Italia e Vogue France: chiede alle modelle di spogliarsi dopo un servizio fotografico e le ritrae nella stessa identica posa, ma nude. Negli anni '90 Newton usa un approccio più all'avanguardia, lavorando sia per editoriali di moda che con stilisti come Chanel, Thierry Mugler, YSL che con altri clienti come Swarovski e Lavazza. In occasione del suo ottantesimo compleanno, gli viene dedicata una retrospettiva alla Neue Nationalgalerie di Berlino. Nel 2004 muore a Los Angeles solo pochi mesi prima dell'apertura della sua Fondazione a Berlino, della quale diventa presidente la moglie June.

Newton a Roma, testo di Matthias Harder, curatore
Curatore della mostra e direttore della Fondazione Helmut Newton
Nell'ambito della retrospettiva su Helmut Newton – organizzata dalla Fondazione HN a Berlino in occasione dei 100 anni dalla sua nascita e poi portata a Knokke, Vienna e Milano – alcune opere vengono presentate per la prima volta a Roma. Tra queste ci sono, per esempio, i primissimi autoritratti scattati nello studio di Yva a Berlino dove Newton lavorò per due anni come apprendista fotografo. Yva, leggendaria fotografa della Repubblica di Weimar, spaziava in tre campi: moda, ritratto e nudo. Tracce dell'apprendistato nel suo studio accompagnarono Newton nel lavoro successivo in cui si focalizzò sui medesimi soggetti. Lo stesso vale per June, divenuta sua moglie, incontrata a Melbourne dopo la fuga dalla Germania nel 1947 a causa delle leggi antisemite. Nata come attrice, fu ritratta spesso da Newton, come si vede anche nelle opere esposte in mostra. June inizia poi a lavorare da fotografa autodidatta a partire dal 1970, dopo che la coppia si trasferisce a Parigi. I due si fotografarono a vicenda più e più volte e in seguito pubblicarono questi ritratti in una pubblicazione congiunta.

A Parigi, proverbiale città della moda, Newton lavorò per numerose riviste di settore, specialmente per l'edizione francese di Vogue, dal 1961 in poi: un esempio di questa collaborazione è lo scatto del 1976 che ritrae una coppia elegante fotografata in un albergo di lusso, esposto tra quelli inediti scelti per la mostra di Roma.

Successivamente, nei primi anni Ottanta, i Newton si trasferirono a Montecarlo, trascorrendo i mesi invernali nel celebre albergo Chateau Marmont a Los Angeles.
Ed è qui, in Costa Azzurra e a Hollywood, che Helmut Newton realizza numerosi
ritratti, fotografie di moda e altre opere su commissione, per esempio per Lavazza, che possiamo ammirare per la prima volta a Roma. Attraverso i suoi scatti è riuscito sempre a cogliere lo Zeitgeist, lo spirito del tempo, a volte persino anticipandolo con le sue innovazioni. È forse proprio per questo che è stato ripetutamente ingaggiato, fino all'ultimo, dalle riviste più disparate per realizzare le sue versioni e visioni della moda contemporanea e per fotografare grandi personaggi dell'élite culturale internazionale. Questo aspetto della sua attività è visibile nella mostra, per esempio nel ritratto di David Hockney, fotografato per The New Yorker o per alcuni scatti di commiato, cupi e quasi malinconici, come Leaving Las Vegas. Si tratta di un'opera libera, un'istantanea, anche un po' sfuocata, che Newton integrò comunque sotto forma di grande stampa in bianco e nero in uno dei suoi ultimi progetti, la mostra Sex and Landscapes.

Fino alla fine, continuò a sorprendere il suo pubblico. Lo fa ancora oggi, a quasi 20
anni dalla sua scomparsa, per cui si può dire che è del tutto legittimamente il fotografo più pubblicato e più discusso di tutti i tempi. E le mostre antologiche come questa di Roma tengono in vita il suo lavoro.

Le Forme della provocazione di Denis Curti, curatore della mostra
«Bisogna essere sempre all'altezza della propria cattiva reputazione». A pronunciare questa frase non è stato uno dei bad boys di Cry Baby, il film culto di John Waters. Sono, invece, parole di un altro cattivo ragazzo, il provocatore per eccellenza della fotografia mondiale: Helmut Newton.

Quando mi sono avvicinato al suo lavoro non è stato senza pregiudizi, e sono caduto anch'io, lo ammetto, nel facile gioco degli stereotipi e delle approssimazioni per cui si tende a ridurre il tutto a una parte, in un'ostinata e irrefrenabile sineddoche: Henri Cartier-Bresson il re del momento decisivo, Elliott Erwitt e la sua irresistibile ironia, e così via. Quando però ho avuto la magnifica occasione di lavorare insieme a Matthias Harder, curatore e direttore della Helmut Newton Foundation di Berlino, per collaborare all'organizzazione di questa grande mostra a Palazzo Reale di Milano, ho capito che il fotografo tedesco non è stato semplicemente un provocatore, the King of Kink, com'era soprannominato.

Helmut Newton non era tanto o solo il maestro del nudo femminile. È stato soprattutto un genio capace di reinventare il linguaggio fotografico, osando qualcosa che nessuno aveva fatto prima nel mondo della fotografia commerciale. Nato a Berlino nel 1920 da una famiglia dell'alta borghesia ebraica, Helmut Newton (pseudonimo di Helmut Neustädter) abbandona la Germania nazista nel 1938, quando è un giovane apprendista della fotografa di moda Yva. Fuggito in Cina, a Singapore e in Australia, vive una svolta decisiva nel 1961, quando si trasferisce a Parigi, dove collabora con le più importanti riviste di moda, come «Vogue» e «Harper's Bazaar». A partire dagli anni Settanta si consacra come uno dei fotografi più richiesti e pagati del settore. Certo, non è il solo a innovare la fotografia commerciale: Martin Munkácsi, William Klein, Richard Avedon avevano già contribuito a riscrivere il vocabolario della fotografia moderna, costruendo un immaginario slegato dalla descrizione pedissequa dell'abito. Lo abbiamo visto, con loro le modelle lasciavano lo studio per immergersi nello spazio pubblico e quotidiano delle città; nel loro caso era questa inedita traslazione di luogo e contesto fisico a determinare l'effetto di novità dirompente.

Nel caso di Newton, le fotografie di moda escono anch'esse dagli studi fotografici, per essere però ambientate in case private, a bordo piscina e in contesti di lusso sfrenato. È con lui che per la prima volta la fotografia pubblicitaria e di moda abbandonano la dimensione puramente descrittiva, per passare a quella aspirazionale. In queste immagini, e qui sta la grande portata di innovazione, accade sempre qualcosa. Le modelle smettono di guardare in macchina e cominciano a recitare per il grande fotografo tedesco. Si tratta di situazioni che si rifanno all'iconografia noir e mettono in fila una serie di provocazioni e ammiccamenti erotici. Newton porta nella fotografia di moda una dimensione realistica, che ha a che fare con il quotidiano, pur contemplando una forte componente onirica: ambientazioni da sogno, corpi statuari, ricchezza ed eleganza. Nel 1976, per pubblicizzare un impermeabile Burberry trasparente, decide di fotografare una donna – nuda – con solo l'impermeabile addosso.

È chiaro, il suo lavoro si offre al fraintendimento. In occasione di un'altra rassegna dedicata, diversi anni fa, a Newton, Facebook aveva oscurato la pagina di riferimento perché la fotografia Tied up Torso (1984) non rispettava gli standard richiesti.
Ci sarebbe da interrogarsi su chi abbia deciso quali sono gli standard, ovvero quale sia la soglia della decenza; ho poi scoperto che – come si sa – la piattaforma di Zuckerberg ha censurato anche il dipinto ottocentesco L'origine du monde di Gustave Courbet, quindi, mi sembra controproducente chiedere proprio a Facebook di ergersi a censore della moralità, di individuare quale sia il limite tra cosa può essere mostrato e cosa no. D'altra parte, molto prima dei ban dei social network, le fotografie di Newton sono state al centro delle critiche del movimento femminista: l'accusa era quella di fare pornografia, di diffondere l'immagine di una «donna oggetto». Se prendiamo però un lavoro come i Big Nudes (1981), quella che ci viene restituita è l'immagine di donne imperiose, delle virago padrone del proprio corpo. Non è degradazione, ma rovesciamento delle regole dell'erotismo.

Pensiamo alla famosa fotografia di Charlotte Rampling, scattata in una camera d'hotel nel 1973. L'attrice, nuda, il profilo a tre quarti, ha in mano un bicchiere ed è seduta su un tavolo su cui sono poggiati un pacchetto di sigarette e la chiave della stanza. In quel periodo, Rampling stava girando Il portiere di notte, controversa pellicola di Liliana Cavani sull'incontro tra un'ebrea sopravvissuta ai lager e il suo aguzzino, un film che ha non solo spaccato in due la critica, ma è stato addirittura considerato «offensivo del comune sentimento del pudore» e sequestrato per ordine della Procura della Repubblica di Roma. Qui Newton si fa voyeur e del resto, come sosterrà lui stesso, se un fotografo dice di non essere un guardone allora è un idiota. Il gioco della provocazione non rimane però fine a sé stesso: il fotografo dimostra un'ineguagliabile capacità di lettura dei tempi e, anticipando il fraintendimento che di lì a poco avrebbe travolto la pellicola, realizza una fotografia che sembra quasi un'emanazione diretta del film.

Il lavoro di Newton, in fondo, è sempre il risultato di una riconfigurazione dell'immaginario, un'operazione eseguita giocando con strumenti che non appartengono al mondo della fotografia commerciale ma sono caratterizzanti di precisi momenti storici. Ad esempio, negli anni Settanta, quando la Germania faceva i conti con il terrorismo della Rote Armee Fraktion, la polizia tedesca stampava i manifesti dei ricercati a grandezza naturale. Newton prende in prestito quel formato e
lo applica alle sue fotografie di donne nude: così, Big Nudes è il risultato di una magnifica crasi.

Allo stesso modo, la posa assunta da Patti Hansen, moglie del chitarrista Keith Richards, nella foto scattata a Parigi nel 1977, prende spunto da una Madonna vista da Newton in una piazza di Poggibonsi; nel 1974 Andy Warhol viene fotografato nella stessa posa di una statua funeraria che aveva colpito l'attenzione del fotografo. Per Newton, tutto diventa fonte di ispirazione. Gioca con i codici e rimescola i generi, dalla pubblicità alla storia dell'arte. Penso, ad esempio, alla fotografia del 1981 Autoritratto con la moglie e le modelle, che sembra rimettere in scena la stessa dialettica individuata da Michel Foucault in Las Meninas di Diego Velázquez. La fotografia in questione, grazie a un abile gioco di specchi, confonde i punti di vista e le prospettive, mettendo in risalto chi è in scena, ma anche chi, come la moglie Alice Springs (pseudonimo di June Newton), si trova fuori dal set. La presenza di Alice è fortemente voluta e sottolinea il rapporto professionale e personale tra marito e moglie. E penso anche a Yellow Press, un libro che trae ispirazione da fotografie di scene del crimine e fatti di cronaca nera. Nella pubblicazione, Newton dichiara di avere una vera e propria ossessione nei confronti di questo genere fotografico, cifra distintiva di riviste popolari in Italia, in Francia e nel Regno Unito, quali «Cronaca Vera», «Paris Match» e «True Detective». L'autore ritaglia e conserva nei suoi diari le immagini che maggiormente lo colpiscono e, al momento opportuno, le utilizza come bozza per le sue produzioni. Newton non è stato solo un fotografo di moda: è stato un visionario, un genio capace di leggere la società fin nelle sue pieghe più nascoste. Con la sua fotografia ha dato forma a desideri, fantasie e perversioni, senza per questo rimanere invischiato in una volgarità grossolana e fine a sé stessa.
Rivoluzione, altro che provocazione: oltre al nudo c'è di più.
Testo tratto dal volume di Denis Curti, Capire la fotografia contemporanea. Guida pratica all'arte del futuro, Marsilio Editori, 2020

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Mostra: Helmut Newton. Legacy

Roma, Museo dell'Ara Pacis

Apertura: 18/10/2023

Conclusione: 10/03/2024

Organizzazione: Marsilio Arte Zètema, Progetto Cultura

Curatore: Matthias Harder, Denis Curti

Indirizzo: Via di Ripetta, 180 - 00186

Orario: Tutti i giorni 9.30-19.30

Tariffe: Biglietto "solo Mostra" € 13.00 biglietto intero | € 11.00 biglietto ridotto | Biglietto "cumulativo" Museo dell'Ara Pacis + Mostra per i residenti a Roma non possessori della "MIC Card" € 18,00 biglietto "cumulativo" intero; € 14,00 biglietto "cumulativo" ridotto | Biglietto "cumulativo" Museo dell'Ara Pacis + Mostra per i non residenti a Roma € 19,00 biglietto "cumulativo" intero, € 15,00 biglietto "cumulativo" ridotto, € 4,00 biglietto "solo Mostra" speciale scuola ad alunno (ingresso gratuito ad un docente accompagnatore ogni 10 alunni) | € 22,00 biglietto "solo Mostra" speciale Famiglie (2 adulti più figli al di sotto dei 18 anni) | Gratuito e ridotto per le categorie previste dalla tariffazione vigente.

Catalogo: Taschen

Per info:+39 060608 (tutti i giorni ore 9.00 - 19.00)

Sito web per approfondire: https://www.arapacis.it/



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