Per la seconda mostra nel nuovo spazio veneziano, Capsule Venice è lieta di presentare Hovering, una collettiva con i lavori di tredici artisti internazionali: Morehshin Allahyari, Ivana Bašić, Leelee Chan, Nicki Cherry, Sarah Faux, Elizabeth Jaeger, Emiliano Maggi, Lucy McRae, Kemi Onabulé, Catalina Ouyang, Bryson Rand, Marta Roberti e Young-jun Tak, a cura di Manuela Lietti.
Per la maggior parte di questi artisti si tratta della prima collaborazione con Capsule, a sottolineare l'impegno e la vocazione della galleria nell'agire come incubatore di ricerca, piattaforma per talenti emergenti, nonché nell'essere uno spazio aperto alla promozione di nuove sinergie con artisti ma anche altre istituzioni.
Attraverso i linguaggi di pittura, installazione, video, fotografia, disegno e scultura, le opere in mostra – per lo più nuove commissioni – riflettono sul senso di indefinitezza, sinonimo della dimensione contemporanea.
Il titolo della mostra, Hovering (il cui uno dei significati è "in bilico"), fa riferimento all'idea di sospensione tra compiuto e incompiuto, tra essere e divenire, tra potenziale latente e manifestazione evidente insita nelle pratiche di artisti che individuano nella dimensione liminale legata a genere, corpo e spazio l'impronta della nostra contemporaneità. Le forme di "in-betweenness" (essere tra) presentate sono molteplici e non mirano a risolversi necessariamente in un'unica sintesi; attivano una dialettica circolare in cui ambivalenza e contingenza sono il registro ontologico per eccellenza.
Il corpo, uno dei motivi ricorrenti della mostra, considerato a livello microscopico o macroscopico, diretto o indiretto, non è semplicemente un contenitore: è una membrana semipermeabile capace di espandersi, adattarsi ed esistere simultaneamente come Sé e Altro. È portatore di istanze fisiche e metafisiche, è posto al confine tra tipico e atipico, tra implicito ed esplicito, sfidando la logica che determina la scissione tra universale e personale.
Le sculture Grip e Desire Stages di Nicki Cherry partono dal corpo dell'artista per tradurre visivamente il processo alla base di quando, svanita ogni resistenza, l'individuo si affida, in modo conscio o inconscio, alla logica sottesa al corpo. Le fisicità di Cherry – che ricordano fossili o minerali per la loro conformazione – si muovono tra rigenerazione e decadenza, piacere e dolore, appagamento del desiderio e paura di abbandonarsi ad esso.... leggi il resto dell'articolo»
Dall'altro lato, la "scomparsa" o la dissoluzione del corpo nella scultura Pneumatic Positions II: Blossoming di Ivana Bašić e nelle grandi tele Closer e Bright Lights and Black Spots di Sarah Faux, non è tuttavia sinonimo di perdita. I lavori cristallizzano un momento di radicale potenzialità e trasformazione. Trascendere la convinzione che essere uno e integro sia l'unica caratteristica determinante della nostra natura individuale contribuisce così a catturare la tensione intrinseca tra materia e idea, tra transitorio e carnale, andando oltre il limite di un'esistenza veicolata unicamente dalla presenza.
L'espressione della dimensione interstiziale può essere mediata anche dal modo in cui il corpo interagisce con le spazialità che occupa e crea. Kemi Onabulé, Elizabeth Jaeger e Bryson Rand offrono esempi di questo approccio. I protagonisti di Object of Love e Time Escapes Me di Kemi Onabulé sono figure quasi totemiche colte in un processo di negoziazione tra sentimenti di appartenenza e spaesamento. In loro coesistono sensazioni di solitudine e di condivisione, di singolarità e collettività. Le esperienze profondamente "di passaggio" che mettono in atto, come la gravidanza e la maternità, invitano ad abbracciare la dimensione macroscopica dell'esistenza perdendo il proprio centro microscopico.
In Escape di Elizabeth Jaeger il rapporto tra spazio, individuo e sfera emotiva confluisce nella creazione di un'opera in ceramica che raffigura un luogo inesistente, seppure distinguibile, in bilico tra fatto e finzione, realtà e simulazione, interno ed esterno e che genera un senso di sospensione emotiva. Le fotografie in bianco e nero di Bryson Rand rendono omaggio a persone, comunità e spazi che hanno legami diretti con il mondo queer. Attraverso l'obiettivo di Rand, i luoghi, gli oggetti diventano allusivi, sono il punto di passaggio tra ciò che è emerso e sommerso, silente ma presente.
La metamorfosi in quanto forza trasformativa è una modalità cruciale indagata nella mostra. Rende il corpo stesso un meta-paesaggio transitorio, significato e significante di un rito di passaggio. Ciò emerge dai lavori di Emiliano Maggi e Marta Roberti. Animati da una fascinazione per ibridazioni iconografiche ma, soprattutto, semantiche tra il regno umano, animale e vegetale, Maggi e Roberti coinvolgono lo spettatore in una catena continua di rimandi visivi e concettuali in cui storia, mito, leggenda e saggezza popolare si intrecciano armonicamente, creando lavori onirici e oltre la soglia del reale.
Il senso di ambivalenza come modalità esistenziale che inverte la logica binaria convenzionale basata sull'esclusione è alla base delle opere di Morehshin Allahyari e Young-jun Tak. Nelle stampe su velluto Moon- Faced Velvet Fragments I e Moon-Faced Velvet Fragments II Allahyari utilizza ritratti realizzati con l'intelligenza artificiale per invertire i pregiudizi di genere che sono stati introdotti nella società persiana attraverso le influenze occidentali. Il video Love Your Clean Foot On Thursday di Young-jun Tak, accostato alle sculture Miracles (Twin) e Chained (Twin) amplifica ambivalenze latenti e (apparenti) discontinuità tra i mondi dell'iper-maschile e iper-femminile, tra sacro e profano.
Il costante stato di indefinitezza legato alle qualità intrinseche di un materiale e i nuovi significati che può assumere in relazione allo spazio che occupa e che contribuisce a mutare è un punto nodale dei contributi di Catalina Ouyang e Leelee Chan. Untitled di Ouyang e Blindfold Receptor (Crawling Jewel–Moss III) di Chan offrono un esempio di come forme, non importa se antropomorfe o biomorfe, siano create e coesistano gradualmente e progressivamente attraverso processi di incorporazione, modifica, adattamento ma anche distruzione e trasformazione riconducibili, secondo Catherine Malabou, al paradigma della "plasticità delle forme". Questo continuo processo di assestamento si rivela una strategia salvifica per il gesto artistico e per il materiale stesso e grazie alla sua condizione aleatoria attiva connessioni inedite.
L'esplorazione di entità in bilico tra le dimensioni segue un percorso altamente speculativo in Delicate Spells of Mind di Lucy McRae, uno scenario in cui l'artista ritrae il corpo come un prototipo, un meccanismo di resilienza e guarigione che si muove tra diversi stadi percettivi e al cui interno movimento, rituale e forma creano nuove dialettiche.
Hovering riflette sulla creazione di una consapevolezza che sia tale non solamente perché rende i confini del noto porosi e instabili, ma perché accetta che ciò che è apparentemente insoluto e irrisolto possa essere una forma di crescita. In tali circostanze, l'atto di procrastinare può essere uno spazio di germinazione interiore e non mera involuzione; il fallimento contiene in sé l'embrione della "soluzione". L'incertezza è così una geografia intrinsecamente speculativa, uno spazio d'indagine filosofica ma anche una modalità esistenziale e d'azione.
Testo di Manuela Lietti
Mostra: Hovering
Venezia - Capsule Venice
Apertura: 06/04/2024
Conclusione: 23/06/2024
Organizzazione: Capsule Venice
Curatore: Manuela Lietti
Indirizzo: Sestiere Dorsoduro 2525 - 30123 Venezia
Per info: T. +39 388 8030365 | E. info@capsulevenice.com
Sito web per approfondire: https://capsuleshanghai.com/
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